La Repubblica Ceca e il castello di Karlstejn

Il Castello di Karlestejn in una veduta dal basso

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Un uomo con una barba violacea cerca di vendere un oggetto assai strano che si trasforma in diverse e complesse figure geometriche. Ogni qual volta torno a Praga lo trovo sempre sotto l’Orologio Astronomico a mercanteggiare con i turisti. Una specie di Fagin, che divide con i suoi giovani adepti il suo sudato guadagno. Di fronte a me una bellissima sposa in un candido abito bianco si fa fotografare insieme al suo “fresco” marito ed ai suoi più stretti parenti. Un evento stupendo, ma non eccessivo, semplice che racchiude in se l’essenza dell’amore.

Guardo con un tocco d’invidia la giovane coppia, io che ho deciso di vivere libero come un intrepido viaggiatore alla ricerca di una meta, soprattutto quando i miei occhi incrociano quelli di una bionda e romantica invitata. Ci sorridiamo e quell’attimo sembra un’eternità, perché mi riporta indietro nel tempo quando Villarosa, in Abruzzo proprio in riva all’Adriatico, diveniva una specie di Praga 2. Aspettavo tutto l’anno per corteggiare la ragazza ceca di turno che con me divideva tutte le avventure estive, amori teneri e fiduciosi quando pensavo che questo sentimento popolare non fosse solo roba per poeti. I rapporti che si instauravano continuavano con lettere e telefonate e senza social network che oggigiorno distruggono l’entusiasmo dell’attesa.

Viaggio in Repubblica Ceca: non solo Praga

 

Vicino l’isola di Kampa, uomini di colore vestiti da vecchi marinai cercano di rifilare qualche biglietto per una crociera in riva al fiume e disdicono fortemente con il tessuto medioevale circostante. Penso a come la Repubblica Ceca abbia optato per una linea dura e meno morbida di quella europea in genere nei confronti dell’immigrazione. Si ha sempre paura di ciò che non si conosce e le notizie sul fronte europeo e su quello siriano, rifletto che abbiano intimorito il paese. A differenza di altre nazioni del vecchio continente chador, veli e quant’altro, simboli di una nuova Eurabia, qui non attecchiscono.

Ma la Repubblica Ceca che non è solo Praga mi attira fortemente per la sua grande relazione tra storia e natura, che nel castello di Karlstejn raggiungono l’apice.

castello-di-karlestejn-2_marco-iaconettiSono molto orgoglioso del compito che mi aspetta, affidatomi dal mio mentore Miloslav HirshPrimo Segretario dell’ambasciata ceca di Roma, con il quale avevamo ragionato mesi addietro un mio ritorno nel paese per scrivere un articolo su un monumento che non fosse circoscritto alla capitale. Appunto per svolgere al meglio la mia ricerca che già settimane prima avevo chiamato qualche guida per aiutarmi nello svolgere il mio compito.

Sono fortunato, perché dopo una buona mezz’ora di treno ad aspettarmi c’è Petr Weber, un affabile ragazzo dall’aria bonaria. Nasce subito una reciproca simpatia ed un’immediata stima, anche perché per non farmi trovare proprio “digiuno” di storia ceca ho già da tempo incominciato a leggere qualche libro che mi desse i lineamenti generali dei più importanti avvenimenti.

Il castello di Karlstejn

Percorriamo una ripida salita ed il maestoso castello costruito da Carlo IV nel 1348 giganteggia su tutto il contesto naturalistico. Avevo sperato fin dall’inizio in una giornata soleggiata, per dei bei scatti che facessero da cornice al mio pezzo, ma il tempo si è accanito contro fin dal mio atterraggio, anche se a dir la verità la nebbia sparsa rende il maschio assai più misterioso.

Dopo essere entrati ci ritroviamo in uno spiazzo dove un nutrito gruppo di turisti aspetta il proprio turno. Prima di addentrarci Petr, ci porta a vedere il pozzo profondo un’ottantina di metri. Mi affaccio ma è tanta l’altezza che non riesco a vedere la sua estremità. Proviamo, aspettando il nostro giro, un liquore tipico al miele offertoci dalla nostra guida, che scende beatamente all’inizio ma che in un secondo tempo, a me quasi astemio, crea un po’ di imbarazzo allo stomaco.

Finalmente, tocca a noi, entriamo nella prima stanza molto spoglia, realizzata con un tetto a cassettoni ligneo, con appesi sui muri delle mappe geografiche che evidenziavano l’estensione dell’impero di Carlo IV di Lussemburgo e dei pannelli in legno che all’inizio credevo fossero puramente decorativi ma che svolgevano un compito unicamente isolante.

Petr comincia la spiegazione facendomi perdere la cognizione del tempo parlandomi di Carlo IV come di un re illuminato ed amante della cultura. Questo fantastico sovrano è legato a filo doppio con la nazione ceca essendo stato fondatore dell’università di Praga, ma soprattutto avendo relegato il paese a massima espressione del mondo artistico dell’epoca

Le stanze si avvicendano tra loro ed in ognuna di esse si celano misteri e fatti di un tempo. La sala d’armi, immensa e dalla forma rettangolare ha diversi armadi con su impressi armature dai variegati colori, perché i cavalieri pur avendo questa importante investitura, non sapevano leggere e riuscivano a riconoscere il proprio grazie ai disegni sui guardaroba. Tutto sembra mostrare più un castello nato per lo svago che uno costruito per la guerra, e salendo ai piani superiori i soldati a servizio dell’imperatore erano li solo per sorvegliarlo.

Le ore passavano lente e monotone e a testimonianza della noia che attanagliava la guardia del re al di sotto di una teca, sono ben riposti i giochi del periodo, molti dei quali d’azzardo e che sono diventati poi, svago per le truppe d’occupazione russe durante il Comunismo.

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Le stanze di Carlo IV

La stanza di Carlo IV è molto spoglia, i maggiori arredi sono soltanto delle copie “sbiadite” posizionate in loco per dare l’idea del vissuto quotidiano dell’imperatore. Una tenda color verde elegantemente lavorata era adibita a separé e quando il re non voleva far disperdere il calore la utilizzava come una moderna parete attrezzata.

Le donne non erano ammesse, ma Petr sfata questo mito, dato che la stanza dell’imperatore comunicava con una scala interna proprio con quella della regina, che viveva nella camera soprastante la sua. Un forte amore lo relegava a quello della sua prima moglie sposata in giovane età: Bianca Di Valois.

Il re aveva tante qualità, tra cui quella di essere un uomo alquanto popolare, infatti nella stanza confinante quella da letto, dava dell’udienza dove poteva decidere il destino della sua gente. La sua psicologia stava nel sedersi da dove poteva vedere i suoi sudditi riuscissero ad osservare le sue espressioni.

Mi perdo nelle stanze vorticose del castello che sembra essere interminabile, con ambienti differenti da quelli che mi aspettavo, senza arazzi e affreschi, ma proprio per la loro essenzialità incutono maggiormente rispetto. La sua genealogia, così complessa che si fonde con diverse dinastie sono evidenziate da delle pitture che mettono in risalto la complicata struttura dell’albero dinastico della famiglia dei Přemyslid, fondatori del ducato di Boemia. Ritratti di tanti antichi uomini che hanno fatto la storia ceca, tra cui anche una donna, si avvicendano tra loro. Ne noto uno che sembra raffigurare Vlad Tepes, il leggendario Dracula romeno, ma che non ha niente a che fare con il voivoda transilvano.

Saliamo, passiamo un ponte che unisce i due masti (realizzazione dell’architetto Josef Mocker, autore del più importante restauro del monumento), per poi uscire e rientrare nuovamente in un’altra torre, ed è tanta la complessità dell’opera che non riesco ad orientarmi e capire se mi trovo all’interno dell’elegante rivellino che con la sua forma a cuspide sembra molto simile alla fortezza di Trakai nel cuore della Lituania, oppure in un altro settore.

La Cappella della Santa Croce

Ci addentriamo nella stanza principale del castello, la cappella della Santa Croce, il silenzio sembra tagliare a fette l’ansia che mi divora alla sua apertura e sento fortemente avvolgermi dal turbinio della storia. Uno spettacolo unico si spalanca davanti ai miei occhi, quando li alzo al cielo, perché tra le vele delle volte sono incorniciate innumerevoli stelle brillanti in foglie d’oro che danno idea di forza e purezza. Le pitture raffiguranti i diversi santi evocano sia la devozione di Carlo IV nei confronti del Cristianesimo, che il legame di una semantica tesa all’unione tra il potere temporale e quello spirituale. Davanti a noi una grata blocca la nostra vista ed in fondo scorgiamo un reliquario dove sono conservati i tesori tra cui le copie dei gioielli della corona, conservati nel castello di Praga.

La luce radente offusca la mia vista, risaltando le tele dei santi che sembrano osservarmi, una paura irrazionale mi nasce dentro alla meraviglia del cosmo realizzato all’interno della cappella, da dove anche la regina in una specie di finestrelle opposta all’altare poteva osservare dall’alto le funzioni religiosi.

Chiedo a Petr se gentilmente posso fare qualche foto, in qualità di delegato dell’ambasciata, ma la coscienza non me lo permette, perché è troppo il rispetto che mi suscita questo meraviglioso castello boemo, che rimarrà una punto fermo della mia vita.

La mia guida mentre ci dirigiamo all’uscita mi dice mestamente che il castello non fa parte dell’Unesco, perché le tegole originali sono state sostituite con altre in ardesia declassando il maniero, ma la cittadinanza e tutti coloro che hanno a cuore questo capolavoro stanno lottando orgogliosamente per farlo entrare nel firmamento artistico mondiale. Bisogna assolutamente riportarlo in auge, perché tutto ciò sta seriamente danneggiando la sua visibilità, dato che i turisti, sopratutto i visitatori giapponesi lo scartano quando sanno che non fa parte del patrimonio internazionale dell’Umanità.

Usciamo lentamente fuori e noto che su di una parete sono ancorate delle impalcature sintomo di qualche restauro che qui sembra interminabile data la vastità del castello.

Ospitalità squisita

Petr mi offre un lauto pranzo e la ristoratrice, sua amica, ci distribuisce sorrisi e gustosi manicaretti locali. La mia guida prima di lasciarmi mi regala una spilla con una bandiera italiana e ceca che si intersecano, un regalo singolare e che porterò in Italia con orgoglio e a cui penserò ogniqualvolta tornerò in Repubblica Ceca.

Scendiamo a valle stando attenti a non inciampare, perché la pioggia corre giù sempre più copiosa. Petr, prima di salutarmi mi fa conoscere la sua bellissima famiglia e mi porta in angoli remoti, per scatti ai confini del mondo proprio qui nella fiabesca Karlsetjn, dove la favola ceca si perde romanticamente nel centro più selvaggio della Mittleuropa.


(Articolo apparso per la prima volta su lifemarche.net il 20/09/2016)

 

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