Montefortino qualcuno volò sui Monti Sibillini.

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Il sisma domenicale

Montefortino con il suo meraviglioso contesto (Foto – Marche Travelling).

DOMENICA 30 ottobre 2016 – ore 7:40

Sono sveglio e mi sto preparando per uscire in una mia tipica mattina domenicale, ed ecco che la terra vomita nuovamente tutta la sua rabbia facendo ballare il palazzo.

Quale strana entità ha preso di mira il Centro Italia, distruggendo il suo patrimonio edilizio ed artistico e causando morte e dolore? Una scossa rimasta indelebile nella memoria di chi l’ha vissuta.

Montefortino non fa differenza, ed oggi dopo tanti anni sono tornato nella Riserva Naturale dei Monti Sibillini, per godermi aria, natura e paesaggi.

A parte qualche gru, che motiva l'”usuale” e lenta ricostruzione italica, sembra che il piccolo paesino non sia andata incontro ad un dissesto statico.

Invece mentre passeggio tra le sue rue, capisco come il terremoto abbia calcato la mano, sopratutto quando scorgo gli squarci interni degli edifici abbandonati.

Non c’è nemmeno un gatto…A parte gli olandesi

Il gatto messosi in maliziosa posa per uno scatto da star.

La città è deserta e i tanti cartelli con su scritto “Vendesi” sono la testimonianza del triste abbandono da parte dei locali.

A parte i soliti olandesi, (Intervista agli olandesi “marchigiani” https://bit.ly/30Cwgzx) amanti di questo celestiale territorio, i turisti in visita sono rari, mentre la presenza dei gatti è massiccia ed uno di questi si mette in posa, come un star tra le star su di un corrimano in muratura.

Pian piano la città comincia a popolarsi di visitatori che passeggiano in un silenzio irreale, ed un gruppo mi chiede dove poter ristorarsi.

Ho visto un bar fuori dal perimetro urbano, ma è chiuso, probabilmente l’esercente preferisce godersi il pomeriggio domenicale, piuttosto che aprire la sua attività per i pochi curiosi.

Franca la “gattara”

Una spettacolare vista dall’alto di Montefortino.

E’ la simpatica Franca la prima presenza tangibile di questa “ghost town“, la prima a cui rivolgo la parola.

E’ una vecchia insegnate romana, che da anni risiede a Montefortino, per via delle sue origini marchigiane. La città è “affar” suo, la sua famiglia ha diverse proprietà in loco e sente forte il richiamo della sua spensierata gioventù.

Nasconde la sua malinconia curandosi dei bellissimi gatti a cui ha dato nomi di fantasia e tra un carezza ed un’altra, spera che la sua casa in muratura sia prossima alla messa in sicurezza.

Parlerebbe per ore della sua fanciullezza, dell’esperienza del terremoto e dei rituali “alchemici” di questo meraviglioso borgo, ma la luce non è più quella estiva e devo approfittarne per un’ultima “ricognizione” aerea e così la saluto.

La osservo da lontano e la sua felicità si tramuta in quella malinconia, tipica delle “sentinelle” di questi meravigliosi borghi. Il suo tempo si sta esaurendo e l’unica cosa che la conforta è l’amore dei suoi “figli“, che le balzellano addosso.

Monfortino e il cambiamento

L’inagibile Chiesa di San Francesco, che domina il tessuto urbano del borgo.

Pensare a Montefortino mi fa riflettere, l’umanità già prima del Coronavirus e del lockdown è scesa a patti con una sorta di strana perversione, mentre dovremmo desiderare altro migliorando la qualità della nostra esistenza, attraverso la cura dell’ambiente, della conoscenza e della libera informazione, non solo con l’ausilio di algoritmi.

Questo terribile 2020, che sperò non ci darà un ulteriore colpo di coda, poteva darci l’opportunità di una presa di coscienza e prenderne atto sarebbe stato il primo passo verso un radicale cambiamento.

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