Rapaci mi guardano atoni di fronte ad un corpo dilaniato cibandosi dei suoi resti. Ho brividi in tutto il corpo, il prossimo potrebbe essere il sottoscritto, quanto è effimera la vita.
Un quadro triste dell’esistenza lo potrebbe essere per molti alla vista di questa emblematica scena, non per me che vedo la trasmigrazione dell’anima di questo pezzo di carne informe, che proprio qualche istante fa era in vita e che adesso sta salendo al cielo perché è dal cielo che siamo venuti ed al cielo torneremo.
È un funerale tibetano quello che ho appena descritto, lo vedo attraverso le stanze vorticose della mia mente, sono lì senza esserci, posso descrivere qualsiasi cosa con eccezionale dovizia, vivendo con un misto di stupore e inquietudine questa forte atmosfera.
La meraviglia della magia è proprio questa, l’incognito, trovare nuovi punti di fuga della nostra mente, viaggiare verso mondi estremi abbattendo le barriere della razionalità ed evitando così una vita già scritta e tediosa.
I nazisti volevano appropriarsi delle leggende andando nei meandri del Tibet per trovare il nesso logico tra arianesimo e il mondo misterioso di Agarthi; Otto Rhan, ispiratore del famoso Indiana Jones, ricercava con ossessione il Santo Graal… io vado più vicino, a due ore di volo dal mio paese, io vado a Praga, dove la mia storia si lega magicamente al magnetismo di questa capitale.
La magia di Praga
La si può descrivere in qualsiasi maniera ma il risultato è sempre lo stesso: fascino e stupore ma soprattutto esoterismo e la sua spiegazione è legata alle parole di Nietzsche in Ecce Homo:
…Se cerco un’altra parola per descrivere arcano, trovo soltanto la parola Praga…
Preferisco uscire la sera tardi, evitando le frotte di turisti che con i loro smartphone poggiati su lunghe aste regolabili fanno scialbi selfie a ripetizione da postare su qualche chiacchierato social network, mettendo come soggetto della loro foto sé stessi e parte di qualche capolavoro boemo. Sembra che in questo nuovo mondo tecnologico tutti vogliano essere protagonisti senza avere nessuna particolare qualità, mostrando al mondo le proprie stupidi vicissitudini condividendoli con altri fantocci della stessa risma. D’altronde, se sono la passione delle nostre nuove leve politiche, perché criticarli? Li vedo infreddoliti d’inverno e accaldati d’estate ma sempre con le loro tristi abitudini.
Praga è imprevedibile come il suo tempo che varia costantemente.
Passeggiata nella notte senza fine
Come non pensare, durante la mia passeggiata solitaria, a Franz Kafka e alle sue uscite alle cinque di sera con indosso bombetta ed abito scuro – che d’altronde è sempre il primo pensiero che mi sovviene, dato che la città vive nel segno del suo figlio più illustre, che più di tutti ha espresso il suo malumore e la sua dura ironia nei suoi immortali capolavori.
Anch’io svolgo il mio solito rituale notturno con fervida partecipazione e il filobus dalla periferia dopo un lungo giro mi scarica proprio sotto la chiesa di San Nicola, opera più significativa del barocco praghese. Scendo e distrattamente non ricordo il numero del bus che mi ha portato nel cuore di Mala Strana, è un otto penso, si deve essere proprio il numero otto.
Vado avanti, accelero il passo per assaporare, finalmente in perfetta solitudine, il Ponte Carlo – superando il quartiere di Mala Strana – e incontro ragazzi alticci, che cantano allegri motivetti imparati sicuramente in qualche fumosa ed antica birreria, bagnando con slivoviz e assenzio i loro bagordi. Supero le alte arcate della torre ed arrivo al ponte in pietra, il vero narratore della storia boema, l’inizio del mio viaggio verso l’ignoto incomincia.
Il buio non è sempre il protagonista delle notti praghesi, come si pensa, perché le luci dorate che inondano la cattedrale di San Vito, nella zona del Castello, fanno splendere le sue guglie che si perdono nella notte senza fine.
La corte di Rodolfo II
Mi appoggio su di una balaustra e fantastico su Rodolfo II, su questo povero regnante che per combattere la solitudine si nascondeva dietro le sue grandi passioni. I dubbi, la sua forte ipocondria non lo distoglievano però dal ricercare nelle pietre, nei metalli e nell’arte la perfezione. Neppure i travagli del suo fragile impero, le ribellioni dei principi della Transilvania, le continue incursioni degli Ottomani lo distoglievano dallo studio dell’alchimia e delle stelle.
Astrologi, come antichi sciamani sono i personaggi indiscussi del Castello, coloro che cercavano nell’alchimia e nelle congiunzioni astrali elisir di lunga vita. La stranezza di questa folle corte dei miracoli non sempre arrivava a soluzione spacciando deludenti risultati in vanagloriose scoperte.
Kelly docet, colui che doveva trovare la pietra filosofale invece si era arricchito alle spalle dell’imperatore e con i guadagni aveva acquistato un birrificio a Jilove, un mulino e svariate case. Ma la fortuna non spesso arride ai cialtroni, perché il più famoso alchimista della corte di Rodolfo II, dopo aver aspettato in vano la Pietra Filosofale, imprigionò lo sventurato che dopo altre varie peripezie morì suicida bevendo un forte veleno consegnatoli dalla fedele moglie.
La città vecchia
Proprio nel Vicolo d’Oro, perimetrato da case multicolori affette da un raro nanismo architettonico si consumano sovrapposti gli effetti compositi di maghi ciarlatani come Kelly.
Il Ponte Carlo è poco illuminato e così lungo che non scorgo mai la fine, poi confuso tra i miei prolissi pensieri magici di una Praga senza fine, non allungo il passo per arrivare verso la Old Town. Le statue di color nero che lo costeggiano diventano un tutt’uno con le tinte della notte, tanto che non riesco a scorgere del tutto il loro plasticismo.
Entro nella Città Vecchia dove diverse viuzze lastricate e tortuose si snodano arrivando in piccole piazze vuote e metafisiche. La fortuna della solitudine è quella di assaporare Praga personalmente come una donna che si attendeva da svariati anni e di cui si sentiva una forte mancanza.
Alcuni famosi birrifici sono ancora pieni e due bevitori escono contenti della serata, entrando dentro un negozio asiatico dove uno stakanovista attende con ansia qualche acquirente.
I nottambuli entrano allegramente squarciando con le loro risa il silenzio notturno e comperando delle bevande che andranno ad arricchire la loro malandata sbornia.
L’Orologio Astronomico
Osservo le strane lettere del negozio che sembrano pakistane o forse indiane, non posso saperlo con certezza, ma a prima vista sembrano delle rune alchemiche, l’arcano qui prende forma anche in tutte le sue forme più astratte e bizzarre. Cerco di raggiungere la torre dell’Orologio Astronomico è sono pervaso da una triste felicità, da questa atmosfera melanconica che si fa gioco di me ogni qual volta mi dirigo nell’ombelico della magia.
Pur orientandomi bene, anche grazie alla luna piena che segna il mio passo donandomi un po’ di luce, non riesco mai a ricordare la toponomastica della città, troppo esuberante questa strana lingua che è un misto di tedesco e slavo. Cerco proprio di fissarmi qualche indirizzo ripetendo più volte ad alta voce qualche nome di via, ma passato qualche minuto già dimentico, effetti di un senescenza già in arrivo.
Arrivo alla piazza dell’Orologio, al punto medianico della città, proprio nel centro esoterico per eccellenza. Ad ogni ora la processione dei discepoli infervora i tanti turisti, ma non ora, dato che sono a “riposo” dopo una giornata di estenuante “lavoro”, girando in tondo sopra il quadrante. La vacuità della vita è il perno del significato di questo articolato manufatto, salvato dalla devastazione della seconda guerra mondiale. E’ notte ma il buio non intacca i forti colori dell’orologio astronomico, l’elemento che ha più presa sulla mia coscienza, quella con cui vivo maggiormente in simbiosi.
Non riesco ad andare via, ed appena faccio un passo, mi volto per guardare l’orologio da un’altra angolazione, il suo forte magnetismo mi fa vivere in forte empatia con questo capolavoro boemo, che per me rimane una pietra miliare della mia vita. Capisco che spesso nella esistenza di una persona incline al fascino dei rudimenti dell’arcano, ci sono elementi che vivono a braccetto con la sua realtà e che fanno uscire qualità e negatività della propria esistenza. Il suo fascino è quello di farmi convivere con uno stato di profonda e mirabolante melanconia, uno stato di eccitazione che mai e poi ma potrei trovare in altri elementi.
Mi giro e vedo la cattedrale di Tyn, fantastica avvolta nelle spire delle sue guglie coniche che sembrano innalzarsi fino in cielo e da dove Kafka scriveva il suo famoso “Processo”.
Il ghetto di Praga
Arrivare al quartiere ebraico è solo questione di minuti le lettere dei negozi cambiando mettendo in evidenza che siamo arrivati nel cuore ghetto, dove eleganti boutique ed oreficerie la fanno da padrona. La sua origine sembra essere addirittura precedente alla fondazione della città infatti leggenda narra che dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme molti ebrei si riversarono in massa a Praga.
A vederlo oggi il ghetto sembra essere un elegante quartiere da invidiare, ma lo si può immaginare diversi secoli fa sovraffollato, con innumerevoli postriboli dove un’architettura che era tutto un gioco di incastro e superfetazioni creava delle catapecchie sbilenche, un bizzarro miscuglio di rue sudice, strette e macilenti governate da cenciosi e topi.
La dolorosa storia del ghetto di Praga è simile a tutte quelle degli altri quartieri in cui si sente sempre l’odore dell’ebreo braccato, di persecuzioni, di malaffare, di vite sregolate e di sanguinosi pogrom. I suoi abitanti erano signori barbuti dagli occhi obliqui con nere palandrane con in capo cappellacci schiacciati che emanavano fetore sinistro. Una città nella città imbevuta di spettrali visite. E in questo regno dei fantasmi che nasce il Golem, uno dei più famosi fu quello di Rabbi Low, realizzato dalla polvere come il primo uomo biblico Adamo. Da una massa informe nasce il mostro che avrebbe difeso il popolo ebraico da ogni sorta di nemico.
Mi sembra di vederlo animato durante la mia visita all’esterno del cimitero ebraico, che sarebbe favoloso ammirare alla fine di questa lunga notte, proprio all’inizio del crepuscolo mattutino. Lo vedo incamminarsi verso di me con fare scimmiesco, grande e grosso ma privo di quella bellicosità che contraddistingue creature di questo genere. Lo si può tramortire e cadrebbe a terra senza volere solamente cancellando sulla sua fronte il primo vocabolo della parola Emet.
Tra occulto e realtà
I primi bagliori di questa magica notte accorciano le ombre e le stesse inquietudini poetiche di Apollinaire prendono forma come il suo Eterno Ebreo sorta di simbolo del girovagare in questa terra di mezzo tra lanterne di gas ed esoterismo dove anche il gruppo surrealista ceco dei “poetisti” passeggiava come nottambuli come se fossero in compagnia di vecchi stregoni, la stessa sensazione che si è impossessata di me durante appena sceso dal filobus nel quartiere di Mala Strana.
Il crepuscolo mattutino si avvicina, alcuni negozi in centro cominciano la loro giornata lavorativa, e la solitudine che mi permette di sognare ad occhi aperti questa mia fiabesca città si dirada alle prime luci dell’alba, vado a ritroso sui mie passi, non prima di aver superato il Ponte Carlo ricordando che in un pilastro delle sue arcate è nascosta la spada che San Venceslao brandirà per cacciare tutti i nemici che metteranno piede in terra boema. Una leggenda che non sempre è stata rispettata, purtroppo, ma che anima da sempre lo spirito di questa mia città che durante il corso della sua storia ha sempre sofferto il piede dello straniero, ma che non è mai stata doma.
Torno a Mala Strana per prendere il filobus del ritorno in questa lunga notte solitaria. È fermo come se mi stesse aspettando, il numero sul suo quadrante è indecifrabile, ma non importa quale sia, perché quest’antica “carrozza” di inizio novecento a prescindere da dove mi porterà mi farà continuare il mio viaggio sulle ali della fantasia, tracciando i fili di una terra di mezzo che vive tra occulto e realtà nella mia Praga magica.
(Articolo apparso per la prima volta su lifemarche.net il 29/07/2015)
2 risposte
Un articolo meraviglioso su una delle piu’ belle capitali d’Europa
Questo anno i vorrei tornare, Covid o non Covid