Pioraco la città dell’offline
Il cellulare è divenuta la protesi delle mie braccia e non riesco più a farne a meno.
I suoi continui “intercalari” mi distraggono costantemente, così ogni qual volta mi arriva una notifica tendo l’orecchio per associare il suono all’app da aprire. Il mio udito si è così affinato, che oramai riesco a discernere qualsiasi “rumore” e capire a quale social appartenga.
Ho tentato invano di limitarne l’utilizzo, preferendo sfogliare le pagine consunte di un libro, ma passata l’astinenza sono ripiombato nuovamente nel vortice del vizio.
Una caduta accidentale ha rotto il mio display e per più di una settimana ne sarò privo. Un’inaspettata “fortuna“.
Da qualche giorno sono in modalità offline, perso nel “cyberspazio umano” del mio spirito. in un limbo esclusivo, di chi all’ossessione del proprio stato, preferisce la privacy del silenzio, escludendosi momentaneamente da quella classe “inutile“, come ci definisce lo scrittore Yuval Noah Harari, che per abitudine sta negando il proprio arbitrio, cedendo inconsciamente i dati alla nuova Élite.
Pioraco i sognatori
Pioraco mi ricorda istintivamente Visso, forse per il suo puntellato centro storico o probabilmente per alcune similitudini architettoniche.
Il borgo poggia su una “fondazione” fatta d’acqua, con mulini e piccoli ruscelli, mentre le enormi rocce fungono da copertura.
Non sono più abilitato e nessun colore verde corre tra le mie mani.
Online è un vocabolo vuoto, una parola dimenticata come le mie vecchie password. Preferisco sognare, non so precisamente cosa, l’importante è che sia qui e poter iniziare a farlo.
Il danno al mio profilo Instagram sarà sicuramente riparabile, nonostante festeggi il mio compli-mese di fresca nomina ad Ambasciatore dei borghi più belli d’Italia, mentre questo attimo immortale non svanirà come pula al vento nel cassetto frettoloso di sbiaditi ricordi antidiluviani.
Immortalo con il “grandangolo” del mio secondo cuore profili di oggetti, i fumi che fuoriescono dai comignoli di alcune case e odo lo starnazzo delle papere, che sembrano essere gli unici esseri viventi di questa solitaria e uggiosa domenica pomeriggio.
La Chiesa nella roccia
Pioraco offre molto, se si ha la pazienza di scoprirla. Non fatevi ingannare dalle sue dimensioni, oltre al suo minuscolo centro storico ricco di spunti artistici ci sono sentieri per intense passeggiate wild.
Nei Sibillini attraversando la parte centrale delle Marche ci si imbatte in pievi, eremi e leggende che animano lo spirito di chi è in cerca.
Non è tanto il gambero di fiume ad essere il simbolo cittadino quanto la Chiesa della Madonna delle Grotte, un santuario mariano a pianta centrale incastonato nella roccia, un ricovero per l’anima che costeggia una lunga fila di caseggiati di diversi colori.
Da tempo evito il rumore del mondo per rifugiarmi in questa dorsale montagnosa, così da assaporare i suoni dei Dei dei ruscelli e dei boschi, sconfitti dal monoteismo digitale.
Se credete che Pioraco sia isolata, non preoccupatevi. Esiste la connessione wi-fi.
Ma seguite il mio consiglio e se potete utilizzate solamente Google maps per raggiungere il borgo, ma una volta arrivati, lasciate il cellulare in auto e assaporatelo con grande gioia.
Vivetelo come non vi è mai accaduto prima. Osservatelo, riflettete, evitando almeno per una volta di pigiare i tasti del vostro display, perché non c’è nessun rifugio virtuale, nessuna intelligenza artificiale che potrà darvi l’emozione di una visita a Pioraco.