Roma,Petra, Jeresh, Efeso, Pompei… Urbisaglia.
Non sono di parte perché amante delle Marche, è non ho nemmeno la presunzione di paragonarla alle altre. Eppure, nonostante le sue dimensioni, questa cittadina di fondazione romana, un puntino irrisorio della mappa geografica mondiale, non ha nulla da invidiare a nessuna. E ha una qualità particolare in più rispetto a tutti i “castra” visitati da me prima ad ora: il suo profumo particolare che entra visceralmente dentro l’anima del visitatore. L’intelligenza degli archeologi è stata quella di ricreare un bosco romano con le stesse essenze di secoli addietro che si mischiano a quelli odierni creando un vortice di odori mai sentiti prima.
Sono venuto di persona per constatarlo, spinto dalla mia curiosità.
Il castello di Urbisaglia
Arrivo in città per incamminarmi verso il meraviglioso castello che avevo visto giorni addietro su internet. È giorno di mercato, una folla chiassosa cammina su è giù per le strade e l’aria paesana così bucolica fa molto presa su di me, tanto che decido di mischiarmici curiosando tra le colorate bancarelle.
Mi siedo su una panchina prospicente il maniero al fianco di una coppia anziana. L’uomo è ben vestito con una giacca di buon taglio e un cappello che però non si addice al suo gessato, parla con la moglie assorta chissà in quale pensiero mentre assaporano come due ragazzini dei coni gelato.
Mentre mi soffermo sulla elegante rocca militare, costruita inglobando i resti delle vecchie fortificazioni medioevali, fissando il mio sguardo sulla merlatura, una pallonata colpisce i miei piedi e verso di me viene un ragazzino impaurito dalla mia reazione. Mi alzo, sento che le prime giornate di primavera hanno ridato fiato ai miei muscoli irrigiditi e provo a calciarla. Cala il silenzio. I bambini tacciono pensando che probabilmente davanti a loro ci sia un nuovo Messi, ma il mio tiro sbilenco fa sorridere tutti.
Un anziano signore che ha gustato tutta la scena, viene verso di me sorridendo, ha capito anche lui che non sono un ex calciatore ma solo un visitatore domenicale e mi chiede del perché della mia presenza in città. Rispondo e comincia subito una bella chiaccherata, incentrata sulle speranze di questi baby calciatori che sognano un futuro radioso in qualche famosa squadra di club. Mi offre una caramella alla menta e ne sono lieto perché convinto allevierà il mio mal di gola.
Vado via e chiedo dove sia la zona archeologica, tutti mi rispondono a valle, ma non riesco a trovare un cartello che mi indichi precisamente dove sia l’ubicazione.
Finalmente, dopo essermi lasciato alle spalle il centro cittadino, trovo il sentiero che mi porta alle vecchie vestigia. Davanti ai miei occhi si prospetta una passeggiata archeologica entusiasmante. Il sentiero segue le curve di livello della collina che ha una linea temporale precisa, partendo dal centro cittadino con la rocca cinquecentesca scendendo poi, precipitosamente, verso l’epoca romana.
A qualche centinaio di metri trovo le prime indicazioni sul famoso “Bosco Romano”, motivo della mia visita. Gli addetti ai lavori, hanno ripreso dall’arte dei giardini l’utilizzo delle piantumazioni di duemila anni fa, che hanno una duplice attitudine decorativa ed olfattiva, ed anche i miei sensi ne sono inondati con semplice naturalità.
Il teatro e la Domus
La mia prima fermata è il teatro che, con i suoi ruderi, mostra tutta la gloria di Urbisaglia. Nelle esedre rettangolari, leggo che “tutt’ora si notano le complesse canalizzazioni e gli alloggiamenti per i macchinari di servizio…” e mi viene forte il dubbio se i nostri predecessori, tutto sommato, pur non avendo la nostra tecnologia, non siano più abili di noi. Tra l’altro la cavea si confà magnificamente con la natura circostante, a evidenziare maggiormente quel rapporto uomo-ambiente, che solo oggi stiamo tentando di recuperare.
Per superare la strada e arrivare alla domus, uno strano ponte con totem stilizzati e rampicanti, mi permette senza pensieri di oltrepassare la via. M’incammino, senza una meta, così leggendo casualmente indicazioni e cercando di capire a chi appartenesse questa villa antica. Lateralmente alla domus vedo un uomo che mi guarda con viso torvo e non capisco cosa voglia. Immagino sia il proprietario dell’appezzamento confinante, che forse mi sta maledicendo per essere passato sul suo terreno, e che non vuole essere più molestato dalla Soprintendenze per far sondare la sua campagna che sembra un mosaico bizantino tanto diverse le tonalità di colore.
Vado via immediatamente, perché mi guarda sempre più minaccioso e me la svigno fuggendo dal suo sguardo.
Un altro uomo grida: che c’è l’abbiano tutti con me oggi? Proprio non capisco cosa voglia, affretto il passo e cerco di raggiungere il ponte, ma poi correndomi dietro mi fa qualche gesto amichevole e mi spiega che è una guida. Ha raggruppato diverse persone, e io mi vergogno un po’ per quel mio atteggiamento da “portoghese”. La guida senza esitazioni, come se fossi stato sempre presente, continua la sua spiegazione senza distrazioni.
Mi dà nuove informazioni e qualche curiosità, di cui farò sicuramente tesoro e che servirà per la mia formazione culturale. M’incanto a sentirlo parlare, perché sento in lui la forza di chi lotta nel suo piccolo e sa di aver ragione, di chi s’impegna per il nostro paese, di chi sogna un rilancio italiano… Partendo da qui, da Urbisaglia.
(Articolo apparso per la prima volta su lifemarche.net il 03/05/2016)
Una risposta
…in lui la forza di chi lotta nel suo piccolo e sa di aver ragione, di chi s’impegna per il nostro paese, di chi sogna un rilancio italiano… Partendo da qui, da Urbisaglia.”
Così concludi questo bellissimo articolo. Una frase toccante.
La dedico a tutti quelli che ogni giorno continuano a cercare l’ispirazione…