Lo strano caso “Venezuela”
Mesi addietro sembrava che l’unico argomento sui cui verteva l’opinione pubblica fosse la grave crisi del Venezuela e della paralisi totale del suo apparato sociale ed economico. Poi d’incanto come è accaduto anche per la guerra siriana, sembra che l’Occidente volti pagina senza colpo ferire.
Un agnello sacrificale? Un campo di battaglia dove le superpotenze devono mostrare i muscoli? E l’Italia con il suo emblematico leader Di Battista? Appoggia addirittura quello che per molti è un governo criminale. Facile stare in poltrona e pronunciarsi, bendandosi gli occhi sul malessere che sta colpendo la popolazione sud-americana.
Curioso ho voluto intervistare una “ribelle” che vuole cambiare le sorti umanitarie del paese, per poter capire, senza l’ausilio di tg ed affini, la realtà dei fatti.
Marisol Dieguez lode ad una ribelle
Ho conosciuto Marisol Dieguez, durante una delle tappe che si era prefissa in Italia per trovare fondi per la popolazione venezuelana, alle prese con la sua tormentata situazione umanitaria.
Tanta era la ressa che non sono riuscito a porgerle delle domande dirette per scrivere un pezzo, da dedicarle, motivando con la magia della penna i nostri concittadini, in particolar modo la nutrita comunità abruzzese, che ha contribuito alla crescita del paese con la sua massiccia emigrazione.
M.I.: “A Chieti non sono riuscito ad intervistarla e farle quella che è sicuramente la prima domanda ad effetto che mi ero promesso. Chi sono Marisol Dieguez ed Ayuda Humanitaria?”
M.D.”:Sono due domande in una, ma simili tra loro. La verità è che il programma “Ayuda Humanitaria para Venezuela”, è diventata il mio scopo.
Vuoi sapere chi sono, giusto? Sono nata il 15 aprile 1964 nello stato Zulia, insieme alle mie sorelle, da genitori nativi in Spagna, che emigrarono in Venezuela, un paese che considero benedetto. Mi sono spostata a Caracas, dove ho avuto tre meravigliosi figli: Cristina, Daniela e Alejandro.
Nel 2001 ho raggiunto gli Stati Uniti, dove sono stata coinvolta in molte attività di sostegno nelle scuole, chiese e società sportive.
Nel 2014, avendo combattuto per il processo democratico del Venezuela, spinta da mia figlia maggiore ho iniziato un progetto che è divenuto il perno della mia esistenza.
Abbiamo fondato nell’aprile dello stesso anno, quello che all’inizio era unicamente un sostegno sia alla resistenza giovanile che ai gruppi di primo soccorso, ampliandoci sempre di più per aiutare il paese, oramai all’abbandono.
Grazie alle nostre rappresentanze presenti a Panama, in otto paesi Europei, tra i quali l’Italia, Abu Dabhi e gli Stati Uniti, siamo riusciti a coinvolgere molte persone.
Il nostro modus operandi è molto rigido ed è composto da gruppi che lavorano meticolosamente alla raccolta, classificazione, catalogazione e spedizione delle donazioni che vengono distribuite in quasi 100 ONG, con una operazione pianificata ed organizzata e riferita al governo degli Stati Uniti, attraverso l’Internal Revenue Service (IRS).
Il PAHPV è formato da tanti volontari, che sono il vero valore aggiunto, poichè si dedicano instancabilmente al nostro paese. Siamo una piccola ONG, ramificata in buona parte del mondo, che lavora inesauribilmente finchè la nostra patria non sarà totalmente libera.
M.I.: “Alcuni mesi or sono il mondo è rimasto con il fiato sospeso per la grave crisi umanitaria che vi ha colpito. Dopo una scorpacciata di immagini, all’attualità sembra che tutti i paesi occidentali abbiano bypassato il problema. C’è qualche interesse in gioco oltre al solito discorso riguardante il petrolio?”
M.D.: “Prima di risponderti vorrei definire chiaramente a quali paesi dell’Occidente ti riferisci. Nord America ed Europa? Credo, con molto rammarico, che siamo ancora sulla bocca di tutti. Non posso darti una risposta politica, dato che non lavoriamo in tale ambito.
Tuttavia ti assicuro, che tutti i venezuelani che sono all’estero sono allarmati della situazione. La crisi esiste in ogni città del nostro paese, ed è il punto cruciale di ogni discorso. Incoraggiamo tutte le forme di contatto con altre ONG, per smuovere l’opinione pubblica.
Grazie ai social ed alla tecnologia, non siamo isolati ed ognuno ha il potere di diffondere la verità, divenendo un testimone sul campo. Ogni giorno, reporter, giornalisti, fotografi, possono “catturare” in strada la reale situazione e muoversi attraverso la rete per catturare le coscienze.
Negli Stati Uniti, riusciamo a smascherare tanti misfatti. Abbiamo programmi giornalieri sulla crisi umanitaria condotti da famosi giornalisti come: Jaime Bayli, Alejandro Marcano, Julio Cesar Camacho, Lourdes Ubieta, Carla Angola, Manuel Corao e altri media in lingua spagnola.
Inoltre ci sono tanti approfondimenti in lingua inglese su NPR (National Public Radio), FOX e CNN.
Oramai con il mondo dei social basta un semplice tweet per far venire a galla il pensiero dei grandi della terra, sulla nostra tragica situazione umanitaria.