Le streghe del Piccolo Tibet

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Non è facile guidare nelle mie condizioni, perché le tortuose curve hanno messo in subbuglio il mio stomaco e quindi decido di fermarmi per reprimere un coniato di vomito che insudicerebbe i miei vestiti e la tappezzeria della mia auto.

Dopo le avversità delle mie esperienze estere a cui mi sono dovuti adeguare per percorrere sentieri poco battuti dal turismo di massa, credevo che il mio stomaco fosse piu’ resistente. Evidentemente il riposo forzato dovuto a questo interminabile lockdown ad intermittenza ha indebolito il mio stomaco.

Scendo dall’auto e mi siedo sul ciglio della strada per respirare l’aria pungente di montagna e bere del tè ed aspetto qualche minuto prima di rimettermi alla guida per ristorare la mia dolorante schiena.

Uno scenario naturalistico simile alle pianeggianti steppe dell’Asia Centrale si apre davanti ai miei occhi e sento di rivivere le stesse sensazioni del mio inesauribile tragitto lungo la Via della Seta.

La brulla vegetazione di questa piana ha illuminato la fantasia dei locali che le hanno coniato l’appellativo di “Piccolo Tibet”. Nonostante abbia visitato diversi paesi di questo affascinante continente, non mi sono ancora recato a Lhasa, capitale dell’omonima regione per partecipare ai funerali del cielo legati ai rituali della trasmigrazione della anime verso un fittizio “Nirvana”.

Vivo in un limbo in perenne conflitto tra razionalità e misticismo che mi hanno dato la spinta per scindere la mia anima per andare alla ricerca di antichi simboli alchemici che fanno parte dalla notte dei tempi dell’animo umano. Questa meravigliosa terra pulsa di una vitalità nascosta e cela misteri insoliti di cui non riesco a percepire il significato.

Rientro in auto dopo una decina di minuti masticando avidamente il Travelgum per lenire il mal d’auto e tornato alla guida mi lascio la piana retrostante lo specchietto retrovisore, dirigendomi verso il piccolo borgo di Castel del Monte.

Questa parte della nostra regione ha un quadrilatero artistico unico: Rocca Calascio, Santo Stefano di Sessanio, Navelli e appunto Castel del Monte, un’inspiegabile terra di mezzo che vive tra occulto e realtà nel nostro rigenerato Abruzzo.

La minuscola cittadina ha tutte le classiche caratteristiche dei paesini di montagna con rocche, castelli e chiese nella parte alta, sottostante il tessuto medioevale costruito per irrigidire le mura difensive e il recente costruito realizzato con discutibili scelte edilizie, nella zona inferiore.

Il Covid ha dato l’opportunità di ricoprire una parte d’Italia minore ma non per questo meno entusiasmante e infatti i paesini sono presi d’assalto da frotte di visitatori locali venuti in zona per immergersi nel meraviglioso contesto locale.

La torre cittadina nonostante sia fasciata da vistosi tiranti a differenza di Santo Stefano di Sessanio non è crollata del tutto, ma le brillanti soluzioni ingegneristiche non rendono giustizia alla sua bellezza e al contempo nascondono alla telecamera del mio drone particolarità estetiche per delle spettacolari riprese.

Non ci sono ripidi salite e perciò non impiego del tempo per arrivare fiabesco centro storico la cui espressività architettonica rivitalizza il mio animo. Superato l’arco di volta della porta principale città entro nel vivo del suo retaggio culturale.

Il borgo sembra essere stato pensato per fungere da punto di osservazione contro eventuali scorribande e la sua tortuosa pianta urbana è perimetrata da edifici in pietra e stretti vicoli, dove posso ripararmi dai cocenti raggi di sole di questa strana estate vissuta con le restrizioni imposte dai DPCM.

Sottostante la torre c’è uno slargo che mi permette di osservare da un’altra prospettiva il “Piccolo Tibet”, un’angolatura ancor piu’ esaltante in cui la steppa si perde all’orizzonte senza una netta delimitazione dei suoi confini.

Questa piccola  “Benevento abruzzese” ha legato le sue tradizioni al mito delle streghe e mi viene da sorridere pensando di essere alla caccia di vecchie leggende, mentre satelliti impazziti sono collegati al Gps del mio terzo “occhio” e alla mia protesi realizzata con silicio e plastica.

Probabilmente sono solo un eccentrico, uno particolare narratore che pensa di riportare a galla vecchie storie sconosciute ai tanti, oramai alle prese con una pigrizia atavica dovuta a una società con piu’ social e meno social.

La Chiesa Parrocchiale mi rimanda a quelle ortodosse visitate in Georgia per la torre centrale anche se la realizzazione ha uno stile architettonico del tutto differente. Provo a raggiungerla per vedere il suo interno, ma tra calcinacci e strade chiuse dai cantieri giro ritornando al punto iniziale.

Una strana donna mentre batte i panni bisbiglia strane parole e provo a ascoltare la sua strana preghiera. E’ talmente concentrata da non avvertire la mia presenza, ma appena finito a pronunciare l’ultima enigmatica parola si gira e mi osserva come se si fosse materializzato qualcosa di diverso da lei.

Mi sorride e mi sventola davanti agli occhi i candidi panni appartenuti a un suo lontano nipote :”Abbiamo scacciato le streghe dalla notte dei tempi con questa strana cerimonia e nonostante molte credenze siano andate perdute credo che si opportuno tramandarle alle future generazioni”.

L’alchemica liturgia pagana m’induce a continuare la mia visita e a spingermi verso nuove frontiere, sembra che Castel del Monte sia una libro di pietra che narra storie incredibili fatte di licantropismo e fatture.

 

 

 

 

 

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