Trevi, nel nome dell’olivo
A Trevi sono dovuto tornare, inevitabilmente. Quando un viaggio resta incompleto, l’unica via è il ritorno.
In questo luogo si riaccende la luce di quest’epoca buia, distratto da conflitti e pandemia. Qui sento che può rinascere l’impulso al valore della gente italica.
Essere Ambassador dei Borghi più belli d’Italia è un lascia passare prestigioso. Accolgo con interesse l’invito, purché l’amministrazione sia in grado di valorizzare adeguatamente il mio percorso professionale. Solo allora può nascere un’alleanza degna di testimonianza.
Mi considero fortunato: la presenza della valente assessora al turismo, dottoressa Isabella Burganti, mi offre l’opportunità di conoscere un paese che resterà indissolubilmente legato alla mia anima.
Al ritorno dal suo viaggio lavorativo in Sardegna, mi conduce alla scoperta di un borgo prestigioso, che mai avrei immaginato così affascinante.

Dalla sua Villa Fabri, articolata tra la Cappella Boemi e le ampie sale nel piano nobile, progettata volutamente senza corridoi per valorizzare l’affaccio su un proscenio naturalistico, dove la cultura dell’olivo sostiene il paesaggio come un’antica architettura di senso.
L’assessore mi ha riservato un tavolo alla Taverna del Sette, rinomato ristorante dove, accanto alle specialità umbre, si possono assaporare piatti ricercati e creativi.

Il proprietario, il distinto Gherardo, e la sua cordiale moglie mi accolgono con grande ospitalità nella residenza La Bifora, adiacente al locale, offrendomi una camera ampia e luminosa affacciata su una splendida corte medievale.
È proprio da questa cornice incantevole, sospesa nel tempo, che prende avvio la mia esplorazione di Trevi, alla scoperta dei suoi angoli più autentici e dei tesori nascosti che il borgo custodisce con discrezione.
Dall’Armenia al quartiere ebraico

L’Armenia riconosce Trevi sotto la medesima veste patronale, in memoria di San Emiliano o Miliano, che oltrepassò le terre del Caucaso per diffondere la parola del Nuovo Dio monoteista. Mai abiurò la sua fede, neppure di fronte ai supplizi inflitti dall’imperatore Diocleziano.
Anche il quartiere ebraico ha rivestito un ruolo chiave, non solo nell’impianto urbano, ma anche nella vita sociale di Trevi. Non un ghetto, bensì un innesto vivo e pulsante nel cuore dell’antica città.
Le testimonianze architettoniche, come gli antichi simboli, le entrate a cuspide e i segni incisi nella pietra, raccontano il passaggio di un popolo che, in questo luogo, ha trovato la propria terra promessa.
Trevi non è la solita giornata fuori porta, né il borghetto dove rifugiarsi dalle fatiche quotidiane. È molto di più: è musei, cultura, bellezza.
È un’anima viva che riecheggia tra le rue lastricate in pietra, custodi di un antico splendore che ancora oggi incanta.
Tradizione gastronomica e Medioevo

Non solo olio d’oliva, preziosa essenza della tavola trevana, ma anche il sedano nero di Trevi riveste un ruolo speciale nella cucina locale. Viene esaltato come piatto dal nome “sedano nero ripieno”, che trionfa allegramente sul mio palato, lasciando un’impronta vivace e memorabile.
L’assessora Burganti vuole sedurmi anche attraverso il gusto, offrendomi uno strudel di mele arricchito con sapienza. Così, dal salato passo al dolce, assaporando una variante dal sapore leggendario, capace di raccontare il territorio con ogni morso: la Rocciata.
È festa grande a Trevi: il borgo viene preso d’assalto non solo dagli abitanti dei paesi limitrofi, ma anche da visitatori provenienti da tutto il Centro Italia e da numerosi stranieri, soprattutto inglesi, desiderosi di partecipare a un evento spettacolare: Scene di Vita Medievale.

Un tuffo nel passato che trasforma le vie del paese in un palcoscenico vivo, tra costumi d’epoca, antichi mestieri e atmosfere d’altri tempi.
Quando si apre il telo, il sipario si solleva e innumerevoli figuranti in costume ci catapultano per un attimo indietro nei secoli.
Con gesti precisi e abiti curati nei minimi dettagli, raccontano, nella lingua e nei modi di un tempo, vicende storiche locali che riaffiorano come memorie vive. È un viaggio nella luce dei cosiddetti “secoli bui”, quel Medioevo spesso bistrattato dalla storia, ma qui restituito con dignità e bellezza.

L’emozione raggiunge il suo apice entrando nella chiesa di San Francesco, dove una giovane donna in abiti d’epoca piange il suo amato, scomparso chissà dove. Un viandante si avvicina, tenta di abbracciarla… ed è lui. La scena si scioglie in un abbraccio, e subito si torna alla festa, tra bagordi e allegria.
Le rappresentazioni sono così tante e coinvolgenti che si perde la nozione del tempo. Ci si ritrova immersi in un’altra epoca, come se il passato fosse tornato a vivere, palpabile e presente.
La ricca biblioteca per il prossimo tour

Vogliamo parlare della ricca biblioteca, del polo museale archeologico traboccante di reperti preromani, romani e di civiltà ancora più antiche? E che dire dell’unico museo dedicato all’olio, con macchinari storici e curiosità… ma non voglio svelarvi troppo: sarebbe uno spoiler.
Ho la fortuna di collaborare con Cesare e Adalberta del tour operator Wanderlust di Giulianova, e quella che era una passione è diventata un lavoro.
Questo mi permette di inserire Trevi tra i miei “farò” e di presentare questo gioiello umbro a tante persone curiose e desiderose di scoperta.
Un luogo che presto tornerò a visitare, con lo stesso entusiasmo della prima volta.


