Da Norcia a Visso, passando per Castelluccio. L’Italia da ricostruire
Avete mai riflettuto che i “capitani di ventura” che stanno mandando al macello due popoli, ogni mattina si siedono sulla tavoletta del water ed espletano le stesse nostre funzioni corporali?.
Ci pensate che una ristretta cerchia di persone si è arrogata il diritto di essere arbitra del nostro destino?.
Trilussa lo scrisse da tempo nella sua poesia “Ninna Nanna“, che alla fine del gioco poi: “riuniti tra loro senza l’ombra d’un rimorso, ce faranno un ber discorso su Pace e Lavoro pe quer popolo cojone risparmiato dar cannone”.
Penso alle zone terremotate del Centro Italia, a cavallo tra Marche ed Umbria, a cui era stata promessa una celere ricostruzione e che a causa degli ingolfamenti burocratici è partita solo qualche mese fa.
Un saluto gli amici Nursini, contemplando il silenzio di Preci
Norcia è un cantiere a cielo aperto, gli sfregi del terremoto sono visibili, ma la ripartenza edilizia è vigorosa.
Rispetto allo scorso anno, ci sono tanti visitatori. Un tiro di sollievo per tutto il comparto turistico e culinario.
Eppure Arianna Verrucci, titolare della celebre Ciccolateria Vetusta Nursia mi esprime tutto il suo dissenso”…Dopo il terremoto ci siamo rimboccati le maniche e con tante difficoltà abbiamo risalito la china. Poi ci si è messa la pandemia e oggi, come se non bastasse, il conflitto in Ucraina con il conseguente aumento delle materie prime“.
Conosco bene Norcia e la sua bellezza artistica, perciò voglio visitare altre zone terremotate ed essere testimone della rinascita di questi piccoli borghi.
La strada che porta a Preci è costeggiata da innumerevoli e fatiscenti case. Mi fermo ad osservarne una in particolare, in cui si riescono a percepire le abitudine di chi vi dimorò.
Chissà cosa stessero facendo i proprietari durante quella maledetta domenica?.
L’unico rumore che si sente a Preci è il silenzio.
E’ assordante e tento di concentrarmi sul mio lavoro, per evitare di farmi colpire dalla malinconia.
Solo un insensibile può visitare questa parte d’Italia e non esserne ferito. Tornare a casa, alla propria abitazione, sapendo che in molti non c’è l’hanno più.
Gli stipiti delle case sono quasi tutti sigillati, mi verrebbe voglia di suonare tutti i campanelli per capire se c’è ancora qualcuno.
Visso e la badante di Ussita
Pasquetta 2010, l’unica volta in cui sono stato a Visso. Un decennio fa viva e godibile, oggi spettrale.
Il ponte che collega due pezzi di città è sbarrato, quindi per raggiungere il centro storico mi devo dirigere verso uno spiazzale, dove un flusso continuo di turisti aspetta la navetta per andare a visitare la celebre fioritura di Castelluccio.
La simpatica ragazza del bar Km Zero, mi dice che le case private sono quasi del tutto ristrutturate, ma l’antico tessuto medioevale è rimasto inagibile e lo si può visitare solamente con un permesso speciale e protezioni adatte allo scopo.
Carpentieri mentre armano le loro tavole prismatiche ridono di gusto e si godono a torso nudo la giornata estiva.
Osservo dietro il recinto ciò che rimane di questa meravigliosa cittadina e mi affido alla fantasia, imponendomi una ridicola passeggiata virtuale.
Salgo in prossimità delle torri per essere partecipe al dolore di una parte d’Italia che non tornerà più come prima.
Durante il mio tragitto mi fermo ad osservare i rigidi blocchi in “lamiera coibentata“, dove alloggia ancora la nostra gente.
Vado ad Ussita e m’imbatto in una gentile badante romena, con la quale intavolo un breve discorso sulla sua permanenza in terra marchigiana.
Diventa ancor più garbata quando le svelo il motivo della mia presenza. Mi confessa di sentirsi indifesa di fronte a questo mondo a cui non riesce a dare un senso e soprattutto vede nell’indisponibilità umana il cono d’ombra dell’attuale società.
La fioritura di Castelluccio…Arquata però non esiste più
Mostro ai carabinieri il mio patentino giornalistico, per guadagnarmi un “salvacondotto” e dirigermi a Castelluccio. Le normative, quest’anno sono restringenti, perciò dovrei fermarmi e prendere una navetta.
Al mio diniego i gentili agenti mi dettano delle coordinate per raggiungere la piana.
E’ la mia prima volta che assisto a questo spettacolo naturalistico, anche se a causa della siccità i fiori non mi sembrano sbocciata come loro solito.
Al bivio mi dirigo verso Ascoli Piceno ed appena trovo uno slargo armo il drone e volo a filo d’erba, per filmare il “caleidoscopio floreale“.
Il caro carburante non spaventa i turisti provenienti da svariate parti d’Italia.
Dal display del drone apprezzo il borgo e la facciata di una casa tinteggiata con il tricolore. Simbolo di riscossa in una terra fin troppo martoriata.
Dopo aver lavorato in quota arrivo ad Arquata del Tronto. Non credevo che a pochi chilometri dalla costa, l’epicentro avesse vomitato così tanta rabbia contro una cittadina indifesa.
Lo spettacolo di questa “Mariupol marchigiana” è sconcertante.
Non distruggiamo la storia
Sotto un mio post alcune persone hanno scritto: “Ci hanno dimenticato“. La ricostruzione è partita, ma la fiducia è venuta meno.
Essere il sindaco di questi Comuni deve essere difficoltoso, ma non mi capacito come la nostra gente, a distanza di anni sia stipata dentro anonimi “pollai“.
Sono nate città nelle città; con i tessuti storici lasciati alla merce del fato e i nuovi insediamenti realizzati frettolosamente a qualche chilometro dai centri urbani.
Come si fa ad essere indifferenti alla sofferenza della nostra gente? Evidentemente la felicità del nostro popolo viene dopo ingialliti faldoni e asfittiche piattaforme digitali.