Unione Europea e Algeria

L’Unione Europea è stata nuovamente chiamata ad agire di fronte alle continue e sistematiche violazioni dei diritti umani in Algeria.
In un’interrogazione del Parlamento Europeo, presentata su iniziativa dell’eurodeputata Gianna Gancia alla Commissione Europea, si sottolinea il perseguimento degli “abusi sistematici ai danni gli oppositori politici da parte delle autorità algerine“.
Pertanto anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto, il 5 marzo scorso, la fine della detenzione arbitraria in Algeria e l’abrogazione delle norme che violano la libertà di espressione e di riunione.
Alla Commissione viene chiesto di avviare un’indagine sugli abusi subiti dal popolo algerino e di imporre sanzioni contro le autorità responsabili delle gravi violazioni commesse nei confronti dei detenuti del movimento popolare “Hirak“.
Al momento nemmeno le due precedenti risoluzioni del Parlamento Europeo, adottate in meno di un anno e che condannano il deterioramento della situazione dei diritti umani e delle libertà in Algeria sembrano aver sortito il risultato sperato.
Al contrario, per tutta risposta l’Algeria ha condannato i provvedimenti del Parlamento europeo e minacciato conseguenze gravi sui rapporti con gli Stati europei.

Nel frattempo, in aperta sfida alle risoluzioni, la magistratura algerina ha richiesto l’arresto di alcuni partecipanti al movimento di mobilitazione popolare Hirak, accusandoli di terrorismo.
Sul fronte è scesa anche l’organizzazione Amnesty International che da anni denuncia la condizione di repressione e persecuzione con leader politici di opposizione e in particolare contro i giornalisti, come il caso di Khaled Drareni condannato a due anni di carcere.
Ed è proprio contro il regime, definito dalle piazze “autoritario e delle oligarchie militari” e che governa il paese da 4 decenni, che si è scatenata da quasi 3 anni la rivolta del popolo algerino – stremato dalla strisciante povertà e degrado – noto appunto come movimento Hirak, per ribellarsi all’oppressione, alla corruzione e alla disoccupazione, con un’economia in caduta libera in un paese al decimo posto per giacimenti e produzione gas.