Offagna non giudicate la magia

Perdere i file di un lavoro è una di quelle cose che ti fanno venire voglia di lanciare il computer dalla finestra. Ore di riprese, salite infinite per trovare l’angolazione giusta, giochi di lenti polarizzate e filtri calibrati al millimetro… e poi? Un errore tecnico manda tutto all’aria. Tutto ciò che di buono era stato fatto, svanito.
Il giorno dell’idiota, per non dire altro capita a tutti. Per favore non abbandonatevi a strani commenti da haters sottostante il mio pezzo, perché sono convinto sia successo anche a voi.
Vi spiego. Dopo tanto tempo, torno nelle cartelle dei miei backup con l’idea di riproporre un Reel per I Borghi più belli d’Italia, fare bella figura con i miei follower… e invece? I file targati Offagna.2017 sono spariti.
Maledico me stesso per l’accaduto. Ma poi, quando meno te lo aspetti, il destino decide di fare il suo gioco.
Tania Torresi sceglie proprio il sottoscritto per assistere alle riprese e diventare il menestrello di uno degli eventi più amati della provincia di Ancona: Le Feste Medioevali di Offagna. Un’occasione unica, quasi una risarcimento esistenziale per quei file svaniti.
Mi sveglio di buon ora e lascio l’hotel ad Arcevia, dove ho soggiornato per altre riprese “marchigiane” e tiro ditto verso questa fantastica destinazione.
Dalle suore e alla mensa dei poveri

Le Feste Medioevali di Offagna si articolano in diversi momenti, e questa sera si chiude il sipario con la serata conclusiva. Il tempo però non è dei migliori. Nuvole minacciose incombono sopra le nostre teste e fanno tremare tutta l’organizzazione, pronta a malincuore ad annullare tutto.
Hanno investito energie, tempo e denaro. E in un’Italia interna sempre più segnata dalla desertificazione industriale e dalla stagnazione economica e queste manifestazioni sono vere e proprie boccate d’ossigeno. Non solo per chi le vive, ma per tutto l’indotto che ci gira attorno.
Mattia Accoroni, come accade spesso quando visito i centri storici, si propone come guida. E mi affida a un signore disponibilissimo, con cui scambio due battute, minime ma calzanti, sull’attuale situazione geopolitica. Bellezza del mio lavoro da corrispondente.
Vengo alloggiato in un edificio affascinante, destinato alle suore. Oggi, però è un “tempio pagano“, un crocevia di artisti: canti in prova, costumi medievali, campanacci che squarciano il silenzio e i riti religiosi. Un caos poetico, che mi mette molta allegria e fa sorridere perfino qualche suora che incontro quando scendo le scale.
La camera è proprio come piace a me: spartana, bagno in comune, finestra che si affaccia su un cortile ampio e silenzioso. Un ambiente austero, semplice, ma perfetto per trovare quel confort mentale che mi serve per lavorare bene e in fretta.
La “mensa dei poveri”, invece, è un edificio ampio e luminoso, affacciato su un tipico proscenio marchigiano: colline morbide, giusti silenzi e quell’aria acre di passata gioventù.
Mattia sembra quasi scusarsi per non avermi offerto di meglio.
Se solo sapesse della mia ristretta alimentazione, dei miei giri per il mondo in cui i pasti li consumo tra wadi polverosi e case diroccate, capirebbe che ciò che qui che loro considerano “accoglienza” io lo considero pranzo.
Altro che beneficenza, per me è un lusso raro, stare seduto con pazienza a mangiare un piatto di pasta, servito con garbo e senza pretese.
Riti scaramantici e finalmente l’evento

La vera anima di questo evento è Irene. Non solo perché è una talentuosa organizzatrice e grafica, ma soprattutto per la sua innata simpatia.
Il suo carattere solare la rende empatica con tutti: è una vera accentratrice, capace di far percepire a ogni presente il celebre spirito della pioggia giapponese, il Teru Teru Bozu.
Con qualche anatema e formula magica esorcizza il maltempo, e dopo un terribile acquazzone, Offagna si ritrova con il cielo limpido, sgombro da qualsiasi insidia.
Così ha inizio lo spettacolo. Mi ritrovo a parlare e intervistare un’anziana coppia che vende rimedi alle erbe, una ballerina che ci lascia a bocca aperta con i suoi movimenti sinuosi ed erotici, mangiafuoco e cantastorie.
I mercanti, vestiti in abiti tipici, hanno posizionato le loro bancarelle lungo l’arteria principale che conduce al castello. Vendono mercanzie di ogni foggia: pozioni, borsette in cuoio, dolci, filtri d’amore e rimedi contro tutte le stagioni.

Incontro anche una piccola truppa di tre artisti, quasi miei concittadini, che, a loro dire, hanno trovato il rimedio contro un problema annoso che ha dato filo da torcere fin dalla notte dei tempi: ammazzare le suocere.
Gli dico di essere single e mi benedicono per proteggermi. A parer loro sono un predestinato: fortunato, libero, ricco di energie e di future esperienze. Perché rischiare di perdere tutto questo? Mi rifilano un santino, nel caso dovessi perdere la lucidità e conformarmi allo status quo che tanto piace alle plutocrazie.
Il momento clou della serata, però, deve ancora arrivare. Giocolieri, artisti, atleti…Non so davvero come definirli, questi “alchimisti del fuoco” che volteggiano in aria con spade infuocate, giochi pirotecnici e acrobazie uniche.

Aspetto l’ultima ora, quella in cui dovrò salire fino al cielo e raggiungere qualche stella, per riprendere Offagna dall’alto e i fuochi d’artificio che squarciano con i loro colori il velo della notte.
Sono qui, volteggiando sulle ali della magia. Quella che alberga in ognuno di noi, ma che il raziocinio della vita cerca di farci dimenticare. Quella contro cui combattono i signori oscuri, che vogliono snaturare la nostra cultura.
A Offagna, la magia non si racconta: si vive, è tangibile, e soprattutto appartiene a tutti. Non lasciamola svanire.