Abbadia di Fiastra laboratorio di vita sperimentale nella Shangrila marchigiana

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Abbadia di Fiastra luci ed ombre

IL BUIO. Il mio direttore mi ha invitato, qualche settimana fa a un incontro molto speciale, in cui il soggetto dell’evento era l’oscurità. I miei occhi non avevano luce, intorno a me regnavano le tenebre, ma grazie a due dolorosi trapianti di cornea sono brillantemente tornato alla vita.

Eppure il buio fisico, non può essere paragonato minimamente a quello della miseria umana che ha umiliato la mia fanciullezza, quando ero tormentato dai soliti bulli, che solamente in gruppo potevano prevaricarmi. Zerbini con i potenti e forti con i deboli.

Ad alimentare le loro bravate c’erano i nostri professori, che più che educatori erano degli odierni radical-chic, figli del boom e mediocri intellettuali che già da allora avevano creato i presupposti per l’attuale renzismo, di un Italia immatura e divisa già da allora in odiose caste sociali.

LA LUCE. Le mie passeggiate domenicali nelle Marche, soprattutto nella Riserva naturale dell’Abbadia di Fiastra, con mio padre che per ritemprarsi dalle dure giornate lavorative mi portava in zona sensibilizzandomi alla bellezza della nostra regione.

È un legame forte e speciale quello che ho con questo meraviglioso contesto e ci vengo più volte l’anno, portando con me colleghi ed amici, soprattutto stranieri che rimangono incantati dalla magia del contesto naturalistico e storico.

Avevo già da tempo desiderio di scrivere un articolo che esprimesse il mio grande amore e per questo ho deciso di contattare qualche settimana fa una guida che mi svelasse qualche curioso retroscena.

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Abbadia un paradiso verde nella regione Marche

Abbadia di Chiaravalle uno scenario incantevole nelle verdi Marche

Arrivo a destinazione in un caldo sabato invernale e mi dirigo al chiostro dell’Abbadia di Chiaravalle, dove ad aspettarmi c’è la mia accompagnatrice, la signora Francesca Cola, che si presenta subito come una signora dai lineamenti gentile ed educati.

Mi porta all’interno del suo ufficio, dove altre sue gioiose colleghe mi salutano con molta allegria donandomi una piacevole sensazione di benessere.

Il mio cicerone subito mi stampa un documento, dove divisi per regioni e nazioni c’è l’ammontare annuale delle presenze che arriva a totalizzare 24.358 visitatori.
Chiedo a Francesca di non stilarmi freddi numeri, ma piuttosto qualche curiosità che non mi è nota. Dopo la breve introduzione, la mia guida turistica mi porge sotto gli occhi una mappa che evidenzia la notevole estensione della riserva, tagliata trasversalmente da diversi percorsi, a me non tutti conosciuti. La folta vegetazione, aveva nascosto, durante le mie escursioni un percorso dal nome un po’ sinistro ma di grande fascino: Il fosso dell’Inferno.

Leggenda narra che strane presenze aleggiassero in zona e che addirittura era possibile incontrare il padre delle tenebre. Queste macabre voci erano state messe in giro dai contadini del luogo che per preservare la legna ed i tanti noccioli cercarono di tentare di allontanare i curiosi, raccontando dalla notte dei tempi questa avvincente storia. Nessuno, osò avvicinarsi tanto che il luogo rimase così poco battuto da divenire ancor oggi il meglio conservato.

Ci si trasforma in allegorici satiri avidi di libertà confondendosi con la natura circostante, se si ha la forza di eludere la barriera della razionalità, soprattutto ascoltando l’armonioso e poetico gorgogliare dell’acqua del fresco ruscello presente.

Deportazione degli ebrei di Macerata dal Palazzo Giustiniani verso i lager nazisti

Credevo di conoscere tutti i suoi anfratti ma la Riserva cela sempre qualche mistero ed ahimé anche qualche dolore, come la deportazione di quasi mille ebrei che furono ammassati dalle truppe di occupazione naziste, relegando gli sfortunati in una specie di limbo, costruendo uno speciale “borgo” che rispettasse le proprie costumanze, a partire da una piccola sinagoga. 

Durante la cattività nel lager di Auschwitz, sono arrivate notizie che i deportati ricordavano con nostalgia sia la loro permanenza all’interno del Palazzo Bandini che l’affetto della popolazione locale mai a loro ostile. Piccoli disegni sui muri, oggigiorno ancora in parte visibili, furono realizzati per testimoniare le difficili giornate che attanagliavano gli sventurati.

Ma l’Abbadia non è solo un luogo della memoria e dei ricordi quanto un vero e proprio laboratorio sperimentale, soprattutto per i tanti bambini in visita, che oramai nell’era telematica hanno a mio avviso più bisogno di spazi cognitivi come questo che social network per muovere i propri passi per il lungo percorso che è la vita.

Parco a tema per fanciulli ed adulti

Nelle visite guidate, adatte anche ad i più grandi, c’è il piacere di tornare fanciulli, perché le diverse esperienze che si propongono sono adatte anche a dei bimbi “gonfi d’età”.
Le aree sono divise a secondo delle tematiche che vanno da quelle olfattive a quelle prettamente ludiche.

Oramai anch’io avvezzo agli odori degli scarichi dei gas, delle esalazioni e dei cibi trattati con chissà quale esperimento chimico hanno fatto morire questo senso che qui sembra rinascere come per incanto. Le attività sono così tante che non riesco a stare dietro a Francesca, maledicendo la mia pigrizia per non aver ancor acquistato un registratore. La mia penna scorre come un fiume in piena segnando con velocità tutte le notizie che mi si propongono man mano.

Quando però, sento la parola gladiatore fermo il soliloquio della mia guida, e chiedo in cosa consista. Chissà, quanti di noi hanno sognato di essere dei fieri lottatori all’interno di un’arena, fuorviarti dal film di Ridley Scott, che sembra esaltare la vita di questi condannati a morte. Per un attimo mi faccio trasportare sulle ali della fantasia, quando Francesca mi dice che i bambini possono indossare delle copie di vecchie corazze, simulando un pacifico combattimento, ed anch’io mi trasformo in un Mirmillone, il mio gladiatore preferito.

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Abbadia di Chiaravalle

Giocare per imparare, bello slogan, penso tra me e se qui i più piccoli possono per un attimo appassionarsi svolgendo per qualche ora i lavori più svariati che vanno dal ceramista, all’archeologo, dall’allevatore al coltivatore, rifletto che i genitori dovrebbero premiare i propri figli portandoli più spesso in questo celestiale luogo, piuttosto che in un anonimo Mc Donald’s, che ha istupidito le masse e che nell’animo dei più piccoli rappresenta il non plus ultra della felicità.

Il cellulare di Francesca suona interrottamente come anche il telefono del centro informazioni, decido dunque di andare via, dato che mi sono trattenuto abbastanza. Saluto tutti e anche Leonardo, una simpatica guida turistica che ricordavo, perché tempo addietro fu il mio cicerone durante la mia visita al Parco archeologico di Urbisaglia.

Laboratorio di vita sperimentale nella Shangrila marchigiana

La mia simpatica accompagnatrice, mi offre un gustoso orzo e mi propone di tornare con più calma, in una giornata meno caotica, perché mi darà la possibilità di mostrarmi le meraviglie del Palazzo Giustiniani – Bandini.

Tornerò sicuramente per una visita più approfondita. Il mio stato d’animo è un tutt’uno con questa meravigliosa architettura che è la natura, che mi permette, almeno per un attimo, di trovare quella gaiezza che non riesco mai a conseguire durante le impegnative giornate lavorative quando mi tocca scontrarmi con le meschinità dell’uomo comune, le offese degli arroganti, le lungaggini della legge e l’insolenza di chi comanda.

Amman è vicina ed il sapore pungente della campagna maceratese si sostituisce percettivamente con quello del deserto giordano. Il mio viaggio iniziatico nella città perduta di Petra è al principio, ricordano che al mio ritorno il laboratorio di vita sperimentale dell’Abbadia di Fiastra mi aspetta. Sono adulto, ma ho ancora tanto da imparare.

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