Una meta misteriosa
Quanti avventurieri vorrebbero visitare la Corea del Nord, per scoprire i lati più misteriosi di una delle ultime dittature comuniste?.
Luca Pingitore, presidente di Otra (Associazione viaggiatori indipendenti italiani) è uno di questi fortunati, ed oggi ci svela aneddoti esterni alla corrente mainstream.
Lo raggiungo via Skype per un’intervista, porgendogli domande scontate ma dirette al cuore del paese.
M.I.:”Corea del Nord una delle ultime dittatura comuniste, che nonostante la sua ermetica chiusura tiene testa agli Stati Uniti. Come mai ha optato per questa scelta?”.
L.P.:”Per il mio senso dell’avventura e per conoscere le dinamiche di un paese poco battuto. Tengo a precisare, che la Corea del Nord non può essere visitata singolarmente ma solo in gruppo e bisogna affidarsi ad un tour operator, che si interfaccia con il Ministero del Turismo locale.
La prima sensazione è stata la netta cesura con i locali e “l’invisibile regia” che dettava i tempi del nostro soggiorno, come nel celebre film Truman Show, in cui tutti gli “attori” assolvevano ad uno specifico ruolo.
Poi la totale assenza di auto e d’insegne pubblicitarie, a favore degli incomprensibili slogan in onore dei “Padri della Patria” mi hanno convinto di essere guidato da “fili”, atti a filtrare la realtà della sua società”.
Una vita da sudditi
M.I.:”Abbiamo poche notizie e le uniche raggelano il sangue. Raccapriccianti esecuzioni, prove balistiche di missili da crociera e un draconiano piano alimentare. Qual’è stata la sua impressione?“.
L.P.:”E’ difficile dare un giudizio, data la mia esigua permanenza. Non abbiamo avuto problemi durante il nostro soggiorno e non sono stati passati al vaglio telefonini e bagagli, l’unico a farne le spese è stato un passeggero a cui è stato sequestrato il giornale “La Repubblica“, forse per il suo “altisonante” nome.
Siamo stati affidati a due guide, che ci hanno supportato e hanno monitorato il nostro comportamento, “salvaguardandoci” da possibili contatti con la popolazione locale. La capitale, nelle serate estive è viva e la gente si riversa in massa nella ampie piazze e nei tipici“ristoranti”, godendosi i manicaretti locali.
Il programma del nostro tour è stato serrato, ed abbiamo rispettato stringenti divieti come il particolare “avvicinamento sociale” ai due ciceroni, a cui dovevamo stare incollati.
Un vero peccato, ho dovuto fare scatti dettati dalla tempistica e non sono riuscito ad immortalare i begli spunti bucolici della sua campagna.
Nell’arco di una settimana, avrò interagito al massimo con qualche persona, perché gli autoctoni dopo anni d’isolamento e vessati da una martellante propaganda governativa hanno delle riserve nei confronti degli occidentali.
Avrei tanto da raccontare, ma una frase mi ha suscitato interesse, perché racchiude in se il senso del viaggio. Durante il tragitto lungo l’assolata autostrada, molti contadini erano seduti sul suo ciglio aspettando un passaggio per dirigersi sul luogo del lavoro. Dopo qualche minuto ci siamo fermati in un misero autogrill, spoglio di qualsiasi bene di prima necessità.
Dopo essere scesi, una nostro compagno ha dimenticato il suo portafogli ed è immediatamente risalito sul bus e l’autista lo ha rassicurato dicendogli:”Qui nessuno tocca niente, voi avete scelto il capitalismo“. Un’idea del mondo diametralmente opposta alla nostra, in cui il loro approccio socialista del bene collettivo batte il valore occidentale della massimizzazione economica.
Vige una produzione autarchica e la bevanda simbolo del capitalismo, la Coca Cola è ignorata. Solo negli esclusivi hotel per stranieri abbiamo potuto sorseggiare qualche bevanda d’importazione.
Come Occidentali tendiamo a sminuire le altrui tesi, pensando di avere la verità assoluta ed invece mi sono messo nei panni di questa gente, che non avendo mai potuto viaggiare ha come unico metro di paragone la tesi socialista.
Alveari umani e coreografie d’altri tempi
M.I.:”Enormi piazze per parate militari ed alveari umani, sono il simbolo di un passato remoto, sconfitto anni or sono dall’economia di mercato“.
L.P.:”Le periferie di Pyongyang assomigliano a quelle dell’Est Europa e dell’Asia Centrale, perimetrati da anonimi super-condomini, realizzati per insediare il maggior numero di abitanti. Sono simboli arcaici della perdente centralizzazione voluta dalla vecchia nomenclatura comunista.
Il Governo ha avviato un processo di ristrutturazione, ammodernando i quartieri con delle forti tinte, per svecchiare il grigiore del suo passato.
Anche gli ampi spazi, sono parte integrante del “pensiero” del suo establishment, un horror vacui per le parate militari, in cui tutta la popolazione è chiamata a dare il suo personale contributo, in un idillio verticale con il partito.
Le coreografie sono uniche ed è stato emozionante osservare il sincronismo dei suoi figuranti, dare vita a perfette figure geometriche umane.
Corea del Nord un’esperienza
M.I.:”Il capitolo Corea del Nord è archiviato o ci sarà una prossima puntata?“.
L.P.:”Una settimana non basta per capire la realtà di un paese, figuriamoci di uno così ermetico. La prima volta mi è servita solo d’approccio, mentre la seconda servirà carpirne altri segreti. Non esistono paesi belli o brutti, ma solo la voglia di viaggiare, per dare valore alla propria esistenza.
La nazione asiatica è una meta unica e l’unico cosa di cui siamo veramente a conoscenza è la dittatura di Kim Jong – un, probabilmente gravemente ammalato.
Se la notizia fosse vera, siamo alla fine di un epoca e il potere passera’ nelle mani della più “democratica” sorella, che potrà demolire il castello di menzogne su cui è stata costruita la sua narrazione, spalancando le porte serrate da settant’anni di duro regime”.