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Lettera per Sarajevo

Una donna cerca di attraversare indenne il cosiddetto “Viale dei Cecchini“.

Come ogni mattina attraverso la Sniper Alley.

In cuor mio so che potrebbe essere scoccata la mia ultima ora, ma evito di pensarci. Se mi faccio dominare da questi pensieri, probabilmente sarò colpito da qualche granata nemica.

Benvenuti a Sarajevo nella Bosnia-Erzegovina.

Chiudo gli occhi. Mi faccio forza e inizio a correre alla cieca zigzagando tra il crepitio dei proiettili, senza preoccuparmi di cercare un’eventuale riparo.

E’ solo fortuna? Oppure sono divenuto veramente un’immortale, come pensa la maggior parte della gente?. Mi piacerebbe urlarlo ai cecchini: “Maledetti non mi colpirete mai“.

Questi freddi stakanovisti, sono appollaiati con cura sulle alture di Sarajevo e aspettano con certosina pazienza un’altra vittima da immolare, per il bene della loro patria. Non si fanno scrupolo nemmeno di fronte ai più giovani.

D’altronde la loro vita “lavorativa” è così noiosa che bisogna trovare un’alternativa. I rituali sono sempre gli stessi. Tiro al bersaglio, sigaretta, caffè e nuovamente sui “banchi di scuola” a compiere il proprio dovere.

Il generale Ratko Mladić a sinistra e celebre per il massacro di Sebrenica assieme a Radovan Karadžić ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina.

La Repubblica Srspka ha oramai deciso. Bisogna estirpare alla radice il cancro islamico e la comunità bosgniacca è il giusto agnello sacrificale.

Questa mattanza è stata fatta per riparare l’Europa da ingerenze mussulmane.

Un giorno la generosità del dottor Radovan Karadžić, sarà ripagata dalla nostra gratitudine.

La stessa premura che tutti noi cittadini europei, dovremmo avere nei confronti della classe politica europea, per averci trascinato in una inutile guerra contro l'”odiata” Russia.

La nuova Europa

Un edificio di Sarajevo sotto i bombardamenti.

Ero poco più che adolescente, quando scoppiò il conflitto in Bosnia e non riuscivo a capacitarmi di come la civile Europa potesse avere rancori interetnici e religiosi.

A scuola, i nostri professori ci sottolineavano quanto fossimo fortunati.

Erano gli anni di “Tangentopoli” e la nostra politica si lavava la propria coscienza facendo cadere la prima Repubblica, sotto lo stivale del primo governo Berlusconi.

Eravamo ignari che l’assedio più lungo della Storia Moderna, potesse scatenare un Terzo conflitto mondiale.

Sarajevo è ancora una metà poco inflazionata, che reclama la sua identità nel cuore dell’Europa.

Massimo Consorti l’essenza del giornalismo mi spiegava, che per essere un buon reporter di guerra bisognava vivere con la gente e condividerne il pathos, evitando di iniziare i propri pezzi con delle domande. “Caro Marco i lettori non vogliono interrogativi ma conferme“.

A distanza di anni ho molti dubbi che mi lacerano l’animo fuori e dentro di me.

Non ero nella giusta età lavorativa per scoprire i retroscena del piu’ sanguinoso conflitto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Sarajevo è stata una finestra per il mondo, memoria tradita di un altro paese che oggi si sente parte d’Europa.

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Una risposta

  1. Marco fino a che la “Guerra” viene prima della “parola”, il cedimento diventa sconfitta, quello che hai magistralmente raccontato si ripeterà. Bella penna 🖊.

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