Sarajevo città della memoria tradita.

Il quartiere turco di Baščaršija.

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Sarajevo città della memoria tradita

Il memoriale dei bambini, in un parco di Sarajevo.

Abito in un piccola città del centro Italia, con inverni sempre più miti ed estati torride all’insegna di aperitivi cenati in riva al mare.

Chi ha avuto coraggio ha preferito disertare questo rituale per trovare fortuna all’estero, mentre chi è rimasto ha solo l’illusione, che in futuro qualcosa cambierà.

Oltre alla mire speculative di alcuni costruttori, c’è davvero poco da raccontare. I discorsi sono sempre gli stessi, incentrati sulla mala politica delle diverse amministrazioni o su qualche partita di calcio.

Il microcosmo italiano è racchiuso in questa sordida bolla.

Siamo una società debole, in piena decadenza e mira di freddi tecnocratici senza cuore.

La casa che ospitò il tunnel che salvò Sarajevo.
La casa che ospitò il tunnel che salvò Sarajevo.

Amo l’Italia, ma non ho mai pensato di cambiarla.

In cuor mio, sapevo che se lo avessi voluto per davvero sarebbe stata lei a cambiare me.

Nonostante la nostra retrocessione a paese in “via di sviluppo“, abbiamo avuto la fortuna di non aver dovuto partecipare a guerre intestine, come è accaduto nella ex-Jugoslavia.

Vi scrivo di stanza nel mio ostello, durante la mia permanenza nella Bosnia-Erzegovina.

Mi piacerebbe parlarvi della mia esperienza, ma preferisco raccontare la Sarajevo che ha lacerato il mio animo, quella della memoria tradita, per ammonire la “nuovaEuropa, che un tempo fu sorda ai lamenti dei popoli di questo sub-continente troppo frastagliato ed eterogeno.

Il Lungo assedio di Sarajevo

Il celebre Hotel Holiday di Sarajevo.
Il celebre Hotel Holiday di Sarajevo, costruito per le olimpiadi invernali del 1984

La guerra è arrivata a Sarajevo di domenica. Era il 5 aprile del 1992. In una suite del Hotel Holiday, abitava prima della sua fuga, Radovan Karadžić, leader indiscusso dei serbo bosniaci.

Lo psichiatra che si era dato alla politica, a cui non andava a genio una Bosnia multietnica e la cui cura fu la “pulizia etnica“.

Osservo il suo tetto, scelto appositamente dai cecchini per l’ottima visuale.

I primi spari sui manifestanti, diedero inizio all’assedio più lungo della storia contemporanea.

1425 giorni di dolore nel cuore dei Balcani.

La Sniper Alley è molto lunga. Mi chiedo, come sia stato possibile per questa gente avere il controllo della propria mente, sapendo di essere sotto lo sguardo vigile di un mirino, al freddo, senza viveri e medicinali.

La Sniper Alley, con il cartello "Attenzione cecchini".
La Sniper Alley, con il cartello “Attenzione cecchini”.

In condizioni metereologiche avverse, cammino a ritroso lungo le orme della storia, per osservare i palazzi ricostruiti e un tempo simbolo di questa guerra.

La maggior parte delle case del centro urbano, mostrano lungo il tratto della propria muratura innumerevoli fori di proiettile.

Non mi capacito del perché dopo trent’anni di distanza dalla fine della guerra, i proprietari non abbiano ristrutturato le proprie abitazione.

Lo posso capire nel museo che ospita il tunnel che salvò Sarajevo. Non qui.

Sembra che ogni persona, sia un romanzo in carne e ossa e mi debba raccontare la propria esperienza, durante quelle tragiche giornate.

Lungo il centro molte rose perdono i petali. Invece sono simboli commemorativi, riempiti di resina rossa disegnati, per indicare il punto preciso in cui caddero alcuni proiettili di mortaio.

Coliche. Da Sarajevo a Mostar e “Bella ciao”

Il quartiere turco di Baščaršija

Una linea bianca tracciata sulla pavimentazione divide idealmente l’ incontro delle diverse culture, mentre i suoi ponti collegano alcuni quartieri della capitale più multietnica d’Europa.

Ad est il quartiere ottomano di Baščaršija con le sue moschee, piccoli bazar, impreziositi dai profumi dei dolci esposti. Ad ovest quello in stile Secessionista viennese, con le ampie vie e le eleganti costruzioni dagli sgargianti color pastello.

Mi sveglio con un forte dolore. Il fianco mi duole improvvisamente. Credo di non poter resistere.

La proprietaria mi vede piegato su me stesso e mi accompagna d’urgenza al pronto soccorso.

Il dottore che mi visita, trova delle tracce di sangue nelle urine. Sono sotto attacco coliche e vengo portato d’urgenza in ospedale.

Gli urologi temono per la mia salute. Mi rassicurano solamente dopo aver esaminato attentamente l’ecografia. Ho solamente della dolorosa sabbia renale, che muovendosi all’interno dei miei organi provoca questi spasmi lancinanti.

La simpatica e gentile dottoressa Izudin Beganovic sorride.

La sfortuna ha voluto che scoprissi questo malanno, durante la mia vacanza.

Il carisma italico fa presa sul nutrito staff sanitario e vengo quasi portato in trionfo, gli infermieri mi sorreggono porgendo gli auguri di Buon anno.

Scopro un rimedio naturale superiore a qualsiasi medicinale: la gentilezza del popolo bosniaco, che mi accompagnerà per tutta la durata del mio soggiorno.

Il mio rituale giornaliero è sempre lo stesso: coliche, dolori, corsa in ospedale per l’anestetico e passeggiata per le vie del centro.

Il meraviglioso ponte di Mostar.

Non potevo perdere l’occasione di visitare Mostar.

Così dopo una buona dose di Voltaren, parto per questa nuova avventura.

Grazie al clima temperato e alla nutrita calca di turisti, la malinconia che si era impossessata di me durante la mia permanenza a Sarajevo, svanisce d’improvviso.

La multietnicità bosniaca non mi sembra essere una risorsa, quanto un elemento di disgregazione.

Infatti le due comunità, croata cristiana e bosgnacca mussulmana, dopo aver combattuto il comune nemico serbo, successivamente si affrontarono sui campi di battaglia.

Le caratteristiche architettoniche non sono dissimili da alcuni borghi nostrani e mi sento catapultato in un incerto periodo medioevale.

Il meraviglioso ponte, che fu bombardato durante le guerre jugoslave e piu’ tardi ricostruito è da tempo patrimonio Unesco.

Sicuramente è una stupenda città, ma troppo carica di ciò che non occorre. I tanti negozi di souvenir stanno distruggendo la poesia del tempo.

Nonostante ciò, passeggiare tra i suoi camminamenti e attraversare il magnifico ponte è un’emozione unica, soprattutto quando si fotografa la palette naturalistica in cui “svetta” l’intenso colore azzurro del fiume Narenta.

A Sarajevo è quasi mezzanotte. Tra un paio di settimane festeggio il mio 47° compleanno e nutro dubbi sul mio futuro prossimo. Non riesco ad accettare il tempo che passa. Proprio ieri ero nella mia piena primavera e sento di essere entrato nella stagione fredda.

Ci pensano i bosniaci a riscaldarmi il cuore con la loro compassata simpatia.

In una delle piazze piu’ importanti della capitale, una nutrita folla si accalca di fronte ad un’artista taiwanese, venuto in Bosnia chissà perché.

Quando scoprono di essere in presenza di un italiano, mi reclamano a gran voce e mi esortano a intonare la canzone più celebre del nostro repertorio: “Bella Ciao“.

Perdo la paura dell’improvvisato “palco“. Sono conscio di non essere intonato e c’è la metto tutta per soddisfare il mio “pubblico“.

Il risultato ha del miracoloso. La gente urla a squarciagola, rendendo omaggio alla mia esibizione canora, con uno scroscio di applausi e pacche sulle spalle. .

Il mio 47° compleanno è salvo. Il rimedio contro i mali della vita è il piu’ antico del mondo: sorridere, come è accaduto in questa magica notte, assieme a questa meravigliosa gente.

“Verso” Srebrenica

Cimitero di Srebrenica.

Nessun negazionista contraddica la verità.

Nella civile Europa, qualche anno prima che la moneta unica prendesse forma, c’è stato un genocidio.

Il forte dolore ai reni ha evitato di dirigermi verso Srebrenica, per fare la conta dei morti, le foto di rito e visitare l’interno del fabbricato in cui tante donne mussulmane furono oggetto di stupro.

Le coliche renali hanno salvato il mio spirito. Anni addietro non avrei avuto problemi a raccontare con fredda lucidità gli avvenimenti. Non è piu’ cosi. Non ditelo in giro, ma Marco Iaconetti è un ex duro. Stanno provando a castrarlo.

Ho la sensazione oppure la semplice paura che al tocco di quelle mura e lapidi, impregnate di sofferenza, riesca ad ascoltare i singoli lamenti di tutta la sfortunata comunità bosgnacca.

Non ho più l’antidoto per sconfiggere la mia ipocondria nei confronti di un mondo, che ha perso la sua umanità.

Gli anni passano velocemente e mi rendono più sensibile, ma voglio tornare a Srebrenica, per poter parlare con la sua gente.

Osman, il mio proprietario di casa, prima di accompagnarmi in aeroporto mi mostra le diverse linee del fronte e una nuova urbanizzazione, dove spuntano come funghi nuovi mega condomini.

Siamo sempre a Sarajevo, ma a ridosso della Repubblica Srspka.

La parte serba è pesantemente imbandierata, forse per rivendicare la propria autodeterminazione?. Oppure è un ritorno di fiamma ad un becero nazionalismo, sapendo poi che alcuni concittadini, considerano il generale Ratko Mladic, il celebre boia di Srebrenica, un’eroe?.

La storia non è stata mai maestra di vita e dopo trent’anni, il rumore dei cannoni si è spostato in un altro paese, che vuole essere parte del Vecchio continente.

Chiariamo non patteggio per nessuno. Non ho assistito a una partita di calcio.

Gli sfregi furono fatti da tutte le parti.

Gli unici sconfitti sono i morti, i loro parenti e in parte anche io, costretto ad assumere il ruolo di narratore verso un paese che credevo lontano ma che tanto lontano poi non è.

Siamo stati spettatori passivi di una Terza guerra Mondiale mascherata da crisi regionale, in cui le ingerenze straniere sono state determinanti. Una colpa quella della Bosnia-Erzegovina, di essere abitata da diverse genti e che avrebbe dovuto smuovere le coscienze dell’intera Europa.

Lo spettro di un nuovo conflitto sembra aleggiare nel Vecchio continente, proprio ora che ci eravamo abituati a sopravvivere a questa subdola “pace armata“.

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4 risposte

  1. Mi è piaciuto molto questo articolo, è così cercano, profondo, sento la guerra, la malinconia, il cambio nella tua vita, il dolore di corpo, la gratitudine, e l’Italia. *Mitico articolo *

  2. Sei proprio bravo nella narrazione perché innanzitutto sei riuscito a coinvolgermi totalmente emotivamente ed anche perché in Bosnia ci sono stato più volte a Medugorje, ho visitato Monstar ed ho potuto conoscere ed apprezzare la fraterna ospitalità dei bosniaci di ogni appartenenza religiosa. BRAVO DAVVERO

    1. Grazie Severino.
      Ti ringrazio perché sei un grande mio lettore e mi fa molto piacere che apprezzi i miei reportage.
      Continua a seguirmi per altri articoli.
      Al prossimo pezzo.
      Ti auguro una buona giornata

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