Arabia Saudita, un paese ancora tutto da scoprire

Gli architetti italiani hanno un compito assai arduo, perché devono combattere quotidianamente con l’imperante burocrazia, ma soprattutto con delle ristrettezze spaziali di difficile gestione
Di conseguenza per rendere un appartamento vivibile o accessibile un edificio pubblico, devono sfruttare qualsiasi metro quadrato a loro disposizione.
Un problema che un tecnico venuto in Arabia Saudita, non penso si ponga.
Le metropoli del Regno non necessariamente devono, a differenza di megalopoli come Dubai, espandersi lungo le coste, ma data la tanta superficie accessibile, possono estendersi lungo le direttrici interne.
Ambizione e spazio, sono dunque due tra i più importanti pilastri, su cui si basa nel breve periodo la sua rinascita economica.
Gedda ne è un fulgido esempio, infatti la sua interminabile maglia urbana è costituita da una tentacolare rete stradale, perimetrata da tutta una serie di nuove infrastrutture, realizzate a “grande scala“.
La metropoli non ha ancora raggiunto la sua vocazione turistica.

I visitatori sono pochi, la città ha ancora delle carenze dovute alla mancanza di adeguati mezzi pubblici, che servirebbero per raggiungere il suo affascinante centro storico e l’area ludica adiacente la Moschea sull’Acqua, in cui l’emirato mostra il suo vero volto, grazie a innumerevoli grattacieli ed un’elegante design urbano.
La stupenda Halula
Halula è lontana, di conseguenza mi sveglio alle tre di notte per raggiungerla. Fortunatamente riesco ad addormentarmi per un buon tratto del viaggio, per essere fresco durante la visita che mi attende.
Il tassista sfreccia veloce tra ampi wadi e mi spiega nel suo stentato inglese, che secoli or sono questa landa desertica accoglieva nel suo “ventre” l’acqua.
Mi chiedo quali siano le attività produttive presenti nei minuscoli villaggi che superiamo man mano e soprattutto come si svolgerà la vita delle persone, distanti anni luce dalla società moderna.
Sono arrivato. L’emozione è tanta. Hegra è dietro l’angolo e sto per scoprire la seconda città nabatea per importanza, dopo Petra, in Giordania.

Le caratteristiche stilistiche d’altronde non differiscono molto, tranne per il loro difforme idillio naturalistico.
Arrivato a destinazione, mi è vietato l’ingresso, poiché avrei dovuto preventivamente acquistare i biglietti online. Avevo calcolato male e questo fatale errore, mi farà stringere il cuore per tutta la durata della mia permanenza in Arabia Saudita.
Cinque ore di aereo, otto ore d’auto e tanta amarezza. Tento di salvare il salvabile e così mi metto alla ricerca di altri siti per dipanare la delusione, dirigendomi prima nella vecchia oasi e successivamente nella Old Town.
Quest’ultima è stata sapientemente restaurata, realizzando nella vivida roccia delle camere, senza però stravolgere l’antica maglia urbana, permettendo a qualsiasi visitatore di immergersi nei fasti di un tempo.
Un’elefante nella roccia
Semantica, piccoli bazar e specchi fanno parte di un sapiente gioco, che permetterà in un futuro non molto distante di far divenire Halula, una meta assai gettonata.

Un’elefante è il simbolo alchemico di un paesaggio che vive in simbiosi tra storia e natura.
Dall’esterno non mi sento trasportato dalla sua bellezza, ma quando varco l’entrata, scopro la magnificenza di un’opera generatrice.
Mi fermo più di una volta per osservare da differenti prospettive la bellezza del celebre Elephant Rock, tento di rubare i suoi segreti e desidererei tanto rimanere seduto fino all’alba, così da godermi gli ultimi raggi di sole, che sbattono contro le sue forti pareti.
Un italiano della Medina

La Medina è considerata dopo La Mecca, la seconda città sacra per importanza, ed è impossibile per un “gentile“, varcare le porte d’ingresso della grande moschea.
Lo scopro per ben due volte. La prima quando vengo allontanato da un guardiano mentre gironzolo lungo l’ampio cortile, coperto da tensostrutture atte a ripararmi dall’asfissiante caldo e la seconda quando un funzionario, mi viene incontro chiedendomi di andar via.
Nonostante ciò, la sua gentilezza non viene meno e mi domanda scusa, per avermi posto questo divieto.
Non capisce se la mia sia solo curiosità, oppure abbia abiurato qualsiasi fede, per convertirmi alle parole del Profeta.
E’ deluso quando gli confesso la realtà dei fatti, spiegandogli di essere venuto in Arabia Saudita per capire i suoi profondi cambiamenti, come conseguenza della sua notevole apertura verso la modernità.
Lineamenti e vestiario identificano i diversi gruppi etnici. Scoprire le differenti nazionalità è un compito arduo, tranne quando m’imbatto in alcuni fedeli turchi, che hanno cucito sulle proprie giacche la propria bandiera di appartenenza.

L’area sacra è delimitata da un alto recinto, intervallate dalle larghe porte d’ingresso in ferro battuto.
Una città nella città è recisa da un limite fisico, che taglia idealmente la sfera civile da quella religiosa, istituzionalizzando la fede islamica.
L’Occidente osserva con diffidenza il dilagare del mondo mussulmano nel vecchio continente, ma per poter colloquiare con esso, dobbiamo conoscere le sue mille sfaccettature e le sue dialettiche interne.
Uno sforzo significativo che mi aspetto avvenga da entrambe le parti.