Sento spesso paragonare l’Azerbaigian agli Emirati Arabi, ed alle sue celebri perle: Dubai ed Abu Dhabi.
Quanto di più sbagliato. Capisco che sono di parte, ma penso che Baku abbia qualcosa in più delle due sopracitate città. In primis il suo meraviglio e ben conservato tessuto storico, oltre alle sue tante ed innumerevoli attrattive.
Il paese è divenuto una meta sempre più gettonata per un mix di fattori che hanno fatto lievitare le sue presenze turistiche. La sua bella capitale, con tutta una nuova real estate ancora in corso di costruzione, lo stupendo lungomare a ridosso del Mar Caspio, la sua folcloristica storia, ma soprattutto le tante manifestazioni l’hanno “condannata” a vincere, ed a divenire il fulcro sportivo tra il continente asiatico e quello europeo.
Mi piacerebbe porre una domanda ai tanti lettori di IRS – Heritage: “Che cosa rappresenta il calcio per voi?”. Le opinioni sono molteplici e molto spesso controverse e discordanti tra loro.
Ultimamente su Facebook, ho letto innumerevoli post di tanti detrattori, facente parte del nuovo “villaggio social”, tecnocrate e “ben pensante”. Molti di essi sottolineano quanto l’Italia “pallonara” sia un male assoluto per la crescita economica e culturale della nostra nazione, dato che il suo nefasto effetto serve per mantenere tranquille e rilassate le masse, distogliendole dai veri problemi che stanno sprofondando il “Bel Paese”.
Il celebre giornalista polacco, Ryszard Kapuściński, dedicò ai tempi una sua opera allo sport più amato di sempre, dal titolo: “La prima guerra del football e altre guerre tra poveri”. Il brevissimo conflitto del 1969, infatti, fu combattuto in centro America, tra Honduras e Salvador, fu fatto in concomitanza con le qualificazioni mondiali in Messico del 1970, tra le due rispettive compagini.
Quindi oltre ad avere uno scopo ludico, riveste un destino che ha dei forti connotati politici, turistici e di conseguenza economici.
Personalmente penso che sia qualcosa di più, un forte collante per i popoli ed un’infallibile apri pista per fare nuove conoscenze, soprattutto quando ci si trova in terra straniera.
Quando il silenzio regna sovrano e spesso non si riesce ad intavolare una conversazione, a causa della lingua o dei differenti punti di vista diametralmente opposti, utilizzo questo fantastico argomento per rompere il ghiaccio. Il gioco, fatemelo dire funziona quasi sempre.
Per l’Azerbaigian lo sport più popolare al mondo è divenuto un motivo di orgoglio su cui puntare, per accelerare la sua pianificazione economica e socio-culturale.
Nella terra del “Fuoco”, le mie prime amicizie furono suggellate con i ragazzi della reception dell’hotel Consul, durante il mio primo ed indimenticabile soggiorno. Abbiamo cementato un piacevole rapporto che perdura da quasi un decennio. Poiché pochi europei non mettevano ancora piede nella loro terra ed ero un’assoluta novità, per conoscerci abbiamo aperto un siparietto su questa forte passione, che sembra unire popoli che poi tanto distanti non sono.
Poi l’italiano, di qualsiasi estrazione sociale è necessariamente etichettato come un “calciofilo” e dunque per questi giovani è stato facile aprire un simpatico dibattito. Nonostante le mie tante lacune inerenti calciatori, nuovi acquisti e squadre, la loro gentilezza non è mai venuta meno, ed ho dovuto ripiegare verso altri sport, che se pur cosiddetti “minori”, sono sotto l’attento occhio vigile degli sportivi azeri.
Qui, non è solo il calcio a farla da padrona, ma grazie alle tante vittorie inanellate da parte degli atleti locali alle ultime olimpiadi, anche altre discipline hanno preso il sopravvento. Sintomo della grande voglia da parte dell’intero establishment di volersi costantemente mettersi in evidenza, facendosi conoscere attraverso una diversificazione sportiva non confinata, dunque solo al pallone.
Dietro questo grande exploit, c’è una intera comunità che si sta impegnando solertemente per dare notorietà ad una nazione, che anni addietro era considerata un piccolo satellite che gravitava nell’orbita dell’Unione Sovietica. Un peso di sudditanza oramai completamente debellato dalla nuova nomenclatura politica.
Entrambi i settori, turistico ed agonistico, stanno correndo parallelamente e si stanno sviluppando interagendo tra loro in grande sinergia, come ad evidenziare i grandi progressi collettivi di tutto un paese, che a partire dal secondo boom petrolifero di qualche anno fa, non ha ancora terminato la sua scalata economica, avendo ancora degli ampi margini di crescita.
Posso testimoniarlo direttamente, perchè quando mi sono inoltrato nell’interno del paese, per raggiungere la città di Astara nel cosiddetto Iran “azero”, ho visto che la sua politica è tesa verso un generale ammodernamento delle sue province, basato sulla realizzazione di nuovi collegamenti e da un fitto sistema viario.
Un futuro roseo che slegherà le città minori dalla visione “geocentrica” della sua capitale, dando così un nuovo giro di vite alla nazione azera, facendola fungere ancor di più da porta d’ingresso dell’Asia Centrale e baricentro della nuova Via della Seta, sempre più sotto la lente d’ingrandimento di tante potenze Occidentali.
Una ghiotta occasione che l’Azerbaigian deve assolutamente sfruttare, poichè il nuovo fulcro economico globale si sta spostando verso questa attuale florida realtà. Una nuova linea ferrovia ed una rete stradale, che correrà imperterrita all’interno del cuore dell’Asia Centrale, favorendo così l’import e l’export con il continente Europeo. Un grande ed inesauribile lavoro che legherà questa ricca terra ai nostri destini economici.
I lungimiranti politici azeri, hanno capito, che per attrarre investimenti e capitali esteri, oltre a far aumentare i visitatori, non solo di matrice “russofona” e dei paesi limitrofi, non si deve solamente puntare sul rinnovamento delle nuove fantascientifiche infrastrutture, che hanno reso celebre Baku, ma bisogna promuovere degli eventi: festival, folclore e soprattutto lo sport, mediante partite di caratura internazionale, corse di Formula Uno e pianificare probabili e future Olimpiadi.
Tutto questo, chiaramente agevolerà non solo le casse governative, ma creerà nuovi posti di lavoro, ed una attenzione mediatica internazionale, messa sempre più in evidenza dall’ottimo lavoro svolto.
La città cambia costantemente, ma la nuova generazione di architetti ha realizzato una “doppia pelle”, che non va a deturpare il suo tessuto storico originario. Il suo imponente edificato è stata confinato lungo l’arteria che porta al meraviglioso aeroporto e le celebri Flames Tower, simbolo del risveglio economico del paese, sono state costruite al di fuori del perimetro archeologico.
Nella sua Old Town sono tangibili i suoi vecchi segni architettonici, tanto che durante le passeggiate che mi sono concesso a qualsiasi ora della giornata, sono riuscito a respirare secoli di storia. Infatti, non sono state realizzate delle superfetazioni che hanno incrinato la maestosità della cittadella e delle sue case storiche, con i poetici terrazzi in legno prospicenti le lastricate strade.
Ma non finisce qui, perchè la sua elegante illuminazione, che mette in risalto la cinta muraria ed il palazzo degli Shirvanshah, fa immergere il visitatore in un ampio caleidoscopio all’aperto e le sue variegate piantumazioni, vanno ad esaltare i nostri sensi con un geniale “sistema olfattivo”, giocando un ruolo fondamentale in chiave di design urbano.
Quindi che ben venga un nuovo costruito, ma rispettando tradizione e vivibilità. Non accostiamola, dunque ad altre megalapoli, che giocano la loro partita con un ambizioso gioco al rialzo dei propri grattacieli. Qui c’è un progetto molto più complesso, per la sua pianificazione urbana estesa sì a macchia d’olio, ma che ricalca sapientemente l’idea di una città a “dimensione d’uomo”, a cui si lega una visione fondata su una rispettosa convivenza religiosa e civile.
Tornando al calcio, Baku è stata scelta anni addietro come sede per ospitare la stracittadina inglese per la prima volta nella storia della competizione, battendo le più quotate Siviglia ed Istanbul. Tutto ciò, grazie alla sua escalation sportiva ed alle manifestazioni di cui è stata promotrice, poichè dopo l’Euro Song Vision del 2012, il paese ha continuato la sua marcia trionfale, verso una fama interazionale che ha meritato a tutto tondo.
I supporter inglese, che si sono riversati in massa a Baku, hanno guadagnato qualcosa di inestimabile valore, che andrà ad arricchire non tanto la bacheca dei trofei del loro club, quanto il loro animo. Godere un’esperienza in una delle città meno congestionate e più sostenibili d’Europa.
A malincuore, per un grande estimatore del paese come il sottoscritto, avrei preferito che un club italiano avesse raggiunto la prima finale di Europa League, giocata in questa parte di mondo. Il sogno si è infranto ai primi turni, facendomi progettare un mio ritorno in una successiva occasione.
L’unica nota positiva, per un torneo finito male per le nostre compagini è stato il “nostro” mister Sarri, ora allenatore della titolata Juventus, che ha portato a casa un importante trionfo, salvando in parte la faccia dell’Italia calcistica.
Le squadre inglesi sono state le vere protagoniste dei due trofei continentali, mentre Baku la degna meta di questa finale, stravinta dal Chelsea nei confronti del pur quotato Arsenal.
Calcio a parte, continua la favola della Formula Uno, che dal 2016 ha fatto divenire il circuito cittadino di Baku uno degli appuntamenti fissi per tutti gli appassionati. Una seconda Monaco, molto più storicizzante.
Tornanti, salite e veloci rettilinei si alternano, in un percorso atipico rispetto ad altre piste. La bravura dei piloti è esaltata dalla difficoltà del percorso che penetra buona parte del tratto cittadino.
Il rombo dei motori si acuisce durante il lungo rettilineo adiacente il water-front, il punto in cui si possono provare a fare dei sorpassi, sicuramente meno difficoltosi, rispetto alle curve adiacente la Old Town.
Mister Bernie Ecclestone, ha continuato ad elogiare il grande operato degli addetti ai lavori, ed a considerare Baku, una delle chiavi di volta dell’ampio calendario automobilistico. Non più una scommessa dunque, poiché la città ha lasciato un segno, con l’aiuto della sua meticolosa organizzazione.
Il paese oramai è sempre più anello di congiunzione tra due continenti e sono certo che la grande voglia di continuare la sua marcia trionfale non si è ancora esaurita, in quanto ha tutte le carte in regola per migliorare la sua rispettabilità grazie a: risorse tecnologiche, una nuova generazione di giovani talenti, industriose università e le sue qualità socio-economiche.
Positive peculiarità, faranno sì che la “perla” del Caucaso non sia ricordata solo come paese organizzatore di eventi sportivi, ma continuerà a far parlare di sé anche in altre occasioni, per future manifestazioni mediatiche e culturali, che le hanno appiccicato addosso il celebre motto “Effetto Azerbaigian”, noto a noi tutti.
Che cosa poter aggiungere? “Terra del Fuoco” illuminaci e che tu possa essere d’esempio alla nostra bell’Italia.