La ragazza palestinese
PREMESSA: Non è un articolo teso a fomentare l’odio, ma la storia di un ragazzo fuggito dal suo paese, che spera un giorno di visitare. Anzi nel pezzo ci si auspica una distensione pacifica per poter vivere in futuro serenamente insieme.
Volevo entrare nel gota degli uomini crescendo subito e ci sono riuscito. Ho sbagliato e le storie di ordinaria follia vissute, mi hanno sensibilizzato a tal punto da nutrire un perenne dolore.
Riuscivo ad entrare nei night-club, perché dimostravo molto più dei miei 17, e così i body-guard non si preoccupavano di chiedermi i documenti.
In questi abecedari di compravendite amorose e di drammi quotidiani, riuscivo a conoscere molte ragazze con sogni e aspirazioni.
Mi sentivo una star tra le star, nonostante fossi intimorito da queste ventenni, così diverse sia dalle mie coetanee che dalla mie stesse professoresse, che nonostante l’età erano di un’immaturità allarmante.
Erano gli anni novanta e la crisi non era nemmeno lontanamente immaginabile, quindi gli unici problemi della mia gente era quello di rivaleggiare tra loro con vestiti firmati e futili piccolezze.
Invece nel calderone delle razze delle figuranti di sala, quest’ultime fuggite dai loro paesi erano con la loro dura determinazione alla caccia di un riscatto sociale.
Ed è li tra zaffate di fumo e brindisi che incontro la ragazza palestinese, divenuta così intima da rendermi partecipe della vita nei campi profughi e della successiva fuga in Italia, per poter guadagnare qualche soldo ed aiutare la sua famiglia.
Un giorno andò via senza un saluto e non seppi più niente. I pomeriggi vuoti senza la sua presenza bruciano tutt’ora come non mai, nonostante gli anni passati e mi hanno sempre fatto riflettere sul dolore di questo tormentato popolo.
Come il vento tra i mandorli ed Alaa presidente giovani palestinesi d’Italia
Nel libro:”Come il vento tra i mandorli“, si narra la vicenda di un intellettuale fuggito dalla sua terra dopo i raid dei soldati israeliani e durante la lettura mi sono sentito catapultato nella terra dei nuovi ebrei della Terra: i palestinesi
Noi occidentali a mo’ di scusa per l’orrore dello Shoah, abbiamo protetto il “popolo eletto”, senza tener conto degli autoctoni.
Siamo consci del dramma dell’Olocausto ed in Europa ci siamo mischiati con gli esuli della diaspora. Ma dei palestinesi cosa sappiamo? Quasi nulla.
Il problema è sempre lo stesso, con chi schierarsi?. La vittoria di una parte sancirebbe la fine dell’altra.
Nostalgiche foto di una terra di Mezzo
Prima di incominciare l’intervista Alaa, mi mostra le foto del suo matrimonio appese su di un cartoncino con su scritto i nomi delle città più importanti della sua Palestina.
M.I.:”L’Italia oggi è il tuo paese. Ti ha spinto sola la necessità o altre motivazioni più profonde?”.
A:”E’ strano come alcune volte ami un paese senza esserci stato. Fin da quando ero in Libano, dove i miei genitori si erano rifugiati ho nutrito un forte legame per l’Italia. Devo ringraziare anche mio nonno, quando mi raccontava le gesta dei ragazzi di Berzot ai Mondiali in Spagna e ricordo ancora le mie lacrime dopo l’eliminazione agli ottavi in Messico, da parte della Francia di Platini.
Il mio sogno si è realizzato una decina di anni or sono, quando ho vinto un master al politecnico di Torino e mi sono trasferito. Ho avuto anche richieste di lavoro in Danimarca, dove mio hanno offerto il triplo dello stipendio, ma ho preferito desistere, perché sono sentimentalmente vincolato a questa terra”.
Alaa presidente della squadra di calcio Palestina
M.I.”Sei presidente di una squadra di calcio dal nome Palestina. Perché questa scelta?”.
A:”Come avrai capito da buon “italiano” sono appassionato di calcio ed ho voluto fondare una squadra dal nome Palestina, coadiuvato da colleghi ed amici, per sensibilizzare la gente circa il nostro problema.
C’è molta ignoranza in riguardo e molte persone non conoscono nemmeno l’esistenza della Palestina, riferendosi al solo Israele.
Tengo a precisare che il mio team è composto da ragazzi italiani e qualche palestinesi e ci siamo impegnati per far venire a galla la reale situazione del mio paese, divenendo un fenomeno mediatico ed avendo rilasciato diverse interviste sulla nostra esperienza sportiva”.
Palestina Guerra dei sei giorni, Yom Kippur…2020
M.I.”La questione araba è dura a morire. Come ricordi la tua fanciullezza e cosa pensi di questo dramma sempre attuale?”.
A.:”La mia famiglia si è rifugiata in Libano,dove sono nato per scappare dagli orrori della guerra. Non ho mai visto la mia terra d’origine e mi piacerebbe visitarla un giorno, ma il mio passaporto me lo impedisce.
Tra la mia gente c’era un detto in cui si diceva che la guerra sarebbe durata un weekend e saremmo tornati a casa nel giro di qualche giorno. Quel fine settimana dura da settantanni.
Ricordo la Palestina attraverso le storie di mio nonno, che amava sottolineare come noi e gli ebrei vivevamo insieme senza nessun tipo di problema.
Qualche politico un bel giorno ha deciso di ridisegnare i confini, espandendosi ai nostri danni così siamo dovuti scappare verso i campi profughi dei paesi limitrofi. La mia gente abita in Giordania, Egitto nella Palestina occupata e molti a Tel Aviv, ma per poter espatriare devono avere necessariamente il passaporto israeliano.
Stimo gli ebrei, perché pur avendo tanti nemici hanno focalizzato il loro obiettivo e lavorano sodo per raggiungerlo. Hanno università attrezzate e validi scienziati, però molti israeliani tendono a distorcere la realtà in funzione della loro ottica”.
Ci sono stati degli accordi a Madrid, Oslo per evitare escalation tra i nostri due popoli, ma non l’hanno mai rispettata. Non li odio, non è una questione religiosa, anzi c’è ne sono tanti ebrei che lottano per far valere i nostri diritti e si oppongono all’occupazione, tra questi molti intellettuali, cosi come ci sono tanti israeliani che occupano la nostra terra e non sono ebrei, non interessandosi tra l’altro di religione.
Sento disagio nei confronti del loro governo, che spesso manda il proprio esercito per intimidirci e nel West Bank sono loro a dettar legge non noi”.
Un pensiero ad un immediato ritorno
M.I.:”Tornerai o credi che sia solo un sogno?”.
A.:”Da bambino nutrivo speranza in un immediato ritorno in Palestina e credevo nei buoni propositi del governo israeliano, ma oggigiorno sento di aver perso del tutto le speranze. Sono triste, sopratutto quando penso a mio padre che agogna il sogno poter baciare la propria terra”.
Solo chi è esule riesce ad immedesimarsi. Gli anni passano e questo miraggio è oramai sempre più una chimera”.
Palestinesi in Italia
M.I.:”A quanto ammontano i tuoi connazionali in Italia?”.
A:”Non siamo in molti e la maggior parte ha preferito emigrare in Germania, Svezia e Danimarca, dove ci sono più opportunità. Ci considerano un popolo di rifugiati, mentre siamo fieri della nostra preparazione universitaria, con un alto numero di laureati. Pensa Dubai è stata progettata da tanti ingegneri palestinesi“.
Fatha ed Hamas due partiti uno scopo
M.I.”Al Fatha ed Hamas, sono due gruppi paramilitari vera spina nel fianco dello stato di Israele. Sono ancora forti come il passato? Come vivono il problema gli altri paesi arabi?”.
A.:”Mi dissocio completamente dai due partiti politici, che hanno distrutto la visione che il mondo ha del nostro generoso popolo. Hanno giocato sporco anche contro la propria gente, pensando a curare i propri interessi personali.
A Gerusalemme ci sono segni di distensione tra le diverse religioni e durante il Ramadam molti cristiani portano cibo e bevande e sotto Natale ci si ritrova tutti sotto l’albero.
Per quando riguarda la politica degli altri paesi arabi vi sono in ballo troppi interessi economici da interpretare per noi comuni cittadini, ed ognuno tira l’acqua al suo mulino senza dar troppo peso alla questione palestinese.
Molte volte sono i governi che alimentano gli odi, mentre altri stati come Arabia Saudita e Qatar preferiscono non immischiarsi per paura di ritorsioni americane. Ho maggiormente fiducia nei popoli che nella politica, troppo distante dal nostro dramma”.
Italia: Multiculturalismo ed accoglienza
M.I.:”Tel Aviv è una città entusiasmante per la sua vitalità e per il suo dinamico skyline ancora in continua espansione. Ma ho visto un problema per quanto riguarda il fenomeno dell’integrazione”.
A:”Tel Aviv è capitale di un paese in continuazione trasformazione e mi piace paragonarla a Dubai, perché il governo ha modificato artificialmente il suo territorio. Sinceramente non amo questa città non per la sua politica ma per aver deturpato con nuove infrastrutture la sua storia. Preferisco la genuinità dei borghi italiani.
L’immigrazione è una spinosa questione e come accade in Italia le comunità straniere si mischiano tra loro senza integrarsi del tutto, modificando l’habitat cittadino da un punto di vista sociale ed urbanistico.
Il vostro paese mi ha accolto senza problemi e sono un sostenitore del multiculturalismo, ma sento che la situazione stia degenerando e non lo trovo giusto, perché l’Italia, accogliendo tanti immigrati lasciati al loro destino, sta perdendo la sua identità culturale”.
Un palestinese in Italia
M.I.:”Come vedi la nostra situazione da palestinese “italianizzato”?”.
A.:”Non mi fido della “nostra” politica. Troppi sprechi, furberie e promesse non mantenute per avere consensi e derubare il popolo del proprio futuro. Un’analogia con il mio paese.
Nonostante il mio amore per il popolo italiano, credo che molti siano vittima di un grande male: l’ignoranza, non solo cadendo nei puerili slogan della sua mala politica, ma sopratutto non interessandosi più della cosa comune.
Non riesco nemmeno a concepire il lassismo e molti piuttosto che lamentarsi, dovrebbero agire per cambiare le proprie sorti
Mi capita spesso di osservare durante la pausa caffè la pigrizia di molti ragazzi che allungano il loro riposo di qualche ora piuttosto di faticare chini su di un pc, mentre altri lavorano il doppio per sopperire alla loro mancanza di professionalità.
Non vedo di buon occhio nemmeno gli immigrati che bivaccano in strada, piuttosto di rendersi utili.
Personalmente sono venuto nel vostro paese per avere un futuro e voglio rispettare la vostra storia, senza dimenticare le mie radici”.
Palestina il mito
Alaa è un esempio di rara intelligenza, profeta di un sincero multiculturalismo e di una integrazione senza limiti e distanze.
Come un moderno Ulisse sei lontano dalla tua patria ma un giorno tornerai”…Nella tua pietosa Itaca…”.
Un sogno che ti auguro di cuore.