Un eretico
Luca è un eretico di quelli che la mamma ti dice di non frequentare, in quanto la sue bizzarre idee cozzano con le teorie del grande “supermarket virtuale“.
Perché sforzarsi quando si può rimanere comodamente a casa senza l’uso della mascherina?.
La libertà ha un costo: rischiare, muoversi, studiare, adattarsi e soprattutto sognare.
Non ho visto più un uomo sognare, ambire a qualcosa, ad una idea e tendere al mito.
Ultimamente ho perso anche il gusto della lettura. Sembra che il mio cervello si sia atrofizzato e risponda lentamente alle normali interazioni umane, mentre è diventato rapidissimo nel far muovere agilmente le mie dita sul display del mio IPhone.
Covid o non Covid è solo questo il problema? Luca mi ha ispirato. Torno a riaffermare il sacrosanto diritto nell’egemonizzazione di territori “vergini“.
Macedonia ritorno sulla strada
M.I. :”Luca sei uno dei più celebri viaggiatori indipendenti italiani. Hai visitato molte parti dell’Asia Centrale ma sei rimasto legato ai Balcani. Perchè?“.
L.T.: “Paesaggi, storia, il particolare melting pot slavo-turco ma sopra ho adorato i compassati ritmi balcanici. Qui nessuno ha fretta. Se il pullman è in ritardo non ci si lamenta, se in un bar il cameriere ti serve dopo mezz’ora i clienti non recriminano.
Il caffè non lo si beve al bancone in solitudine ma è preferibile gustarlo seduti ad un tavolino insieme al proprietario dell’esercizio.
Skopje non è la più bella capitale d’Europa, il suo spirito vive in simbiosi con i drammi del passato e in molti anelano al ritorno di un uomo forte come Tito, ma nonostante i tragici lutti di qualche ventennio fa la gente non viene mai meno alla sua ospitalità.
Lo skyline cambia repentinamente; dai classici palazzoni comunisti, così cari alla nomenclatura sovietica, alle moschee nella parte turca fino alle costruzioni moderne che sono enfatizzate dai monumenti dei vecchi eroi macedoni, costruiti dagli attuali politici.
Kosovo – Macedonia comincia l’oriente
L.T.: “Quando parliamo dell’Europa “asiatica“, pensiamo irrimediabilmente ad Istanbul, mentre in realtà inizia molto prima.
La guerra non ha portato solo morte e distruzione ma ha cambiato l’assetto sociale e morfologico dei paesi, perché molti profughi si sono reinsediati in nuovi territori trasformandoli con la propria coltura e il proprio credo in base alla logica del più forte.
La pax del Maresciallo Tito, in cui tutte le etnie vivevano in armonia, è stata cancellata con un colpo di spugna con gli anni della guerra nella ex Jugoslavia.
Il cuore di questa gente è essenziale e il suo skyline è appesantito da spersonalizzate moschee dal dubbio fascino architettonico, oltre e spartani edifici riconvertiti in chiese.
Non esiste un’idea di teocrazia, il potere temporale e politico sono scissi e la bellezza della moschea di Sinan Pascià nel Kosovo, è il simbolo di questa semplice visione popolare.
Macedonia e Kosovo due paesi uniti nel dolore e che hanno dei fiori all’occhiello da dover forzatamente visitare, come il bazar di Skopje, il più grande dei Balcani.
E’ una area semantica e mistica in cui si possono leggere le stratificazioni storiche fatte da vincitori e vinti, da popoli e hajduk.
Un amore chiamato Europa
Il mondo è in crisi perché l’Europa ha perso la sua centralità.
Al di là del limes continentale ho sempre immaginato esistesse un mondo che se pur affascinante e culturalmente stimolante, non potesse reggere il confronto con la nostra storia.
Non tacciatemi di razzismo o revanscismo, perché considero la diversità una grande opportunità, ma in questi ultimi decenni ci siamo piegati alle logiche di Stati Uniti e Cina ed abbiamo persi i nostri stimoli di viaggiatori e innovatori.
Le ultime due guerre sono scoppiate nel nostro continente e con il colonialismo abbiamo piegato popoli e territori al nostro volere
Di ciò dobbiamo chiedere scusa, ma quando ascolto il viaggio del buon Luca, capisco che sono stato fin troppo lontano dalla mia visione pan-europea.
Il Covid mi ha dato un’opportunità quella di tornare alle origini e di riappropriarmi della vecchia e cara Europa.