“Ostalgie” è una parola senza senso per noi occidentali, ma densa di significato per la vecchia generazione dei tedeschi dell’est che ha vissuto a cavallo del crollo del muro di Berlino. Un termine che rimanda immediatamente a quel sentimento nostalgico sviluppatosi dopo il disfacimento del Comunismo, quando una buona parte della popolazione cominciava a rendersi conto che il vittorioso Capitalismo non era la soluzione adatta ai mali del mondo.
Un fenomeno così radicato in Germania ha fatto tornare in auge vecchi prodotti dell’epoca facendoli divenire vero fenomeno cool per gli amanti del genere, perché fanno rivivere a pieno i gusti della vecchia DDR, come per esempio la cioccolata Nudossi e la celebre Vita-Cola.
Il mondo è radicalmente cambiato e le due sfere antagoniste, per l’appunto Capitalismo e Comunismo, hanno ceduto il passo al logorante martellio delle nuove “tecnocrazie”, che porteranno al disfacimento dell’Homo Sapiens relegandolo ad un misero bit nell’immenso corollario del movimento conosciuto sotto il nome di “Datismo”.
Fatto confermato dalla mia sensibile fotografa Andreea Ligia Popa, donna di grande cultura vissuta nel blocco orientale durante gli anni bui del “satrapo” Ceausescu, che mi ha sempre evidenziato le sue grandi paure sul futuro dell’umanità, parlandomi con una velata malinconia della sua infanzia in Romania, dove nonostante i gravissimi errori del regime, la vita aveva dei risvolti molto più genuini nelle relazioni interpersonali che oggigiorno.
Oramai il vento dell’Est è terminato da più di venticinque anni e tutti i paesi del ex blocco della Comecon, hanno perso del tutto le proprie caratteristiche, tranne la Bielorussia, una nazione amaramente criticata dall’Occidente, ma che durante la mia ricca visita mi ha mostrato dei lati insoliti e degli standard di vita per certi versi migliori di quelli occidentali.
Minsk, una delle città meno visitate d’Europa, ha tutte le peculiarità dei tempi andati, con le sue ampie arterie contorniate da palazzi in stile razionale e da un tipico impianto urbanistico a maglia “cartesiana”, mentre di contro-altare ho potuto godere della sua amabile tranquillità, merce rara nelle nostre congestionate metropoli.
I robusti militari, vestiti con mimetiche che pattugliano le vie fanno temere il peggio, ma allo stesso tempo nasce un senso di rassicurazione, che mi pone una domanda sulla sicurezza delle nostre città oramai alla stregua di violenza e maleducazione e che stanno esponendo il “Bel Paese” a tutte le intemperie inimmaginabili.
Dalla Indipendence Square al museo Patriotticoriccamente “addobbato”, , con tank e abili scene di battaglie della Seconda Guerra Mondiale, il popolo bielorusso sembra di vivere ancora appieno la vittoria sul temuto Nazismo e di sentire in seno le dolorose ferite inferte dall’esercito tedesco, che nella Russia Bianca commise barbarie senza limiti.
Il paese, su tutto il suo ecologico territorio, mette in risalto un modo di intendere la quotidianità molto semplice e autentico ed anche territorio ricco di cultura, grazie al retaggio storico del glorioso Granducato di Lituania, che con i tanti castelli, tra i quali spiccano quelli di Mir e di Njasviz, danno un tocco di velata magia a chi come me è incline al fascino delle vecchie fortificazioni militari.
Non avrei mai visitato questo affascinante paese, se non grazie alla mia amicizia con Pietro Luponetti, tragicamente scomparso qualche mese fa, che era rimasto così ammaliato dalla bella Bielorussia da innamorarsene a tal punto, da decidere di trasferirsi a Minsk al finire dei suoi anni e dal film “Good-bye Lenin”, che nella sua drammatica trama ha evidenziato i tanti errori del Comunismo, ma anche un mondo più umano che oramai è perso nei cassetti della memoria.
(Articolo apparso per la prima volta su eurasianews.it il 2 ottobre 2017)
2 risposte
Mi sono innamorato anch’io di Minsk!
Grazie per il messaggio.
Effettivamente Minsk merita tanto ed è troppo sottovalutata.
Ha un gusto retrò ai tempi della cortina, unico nel suo genere.
Grazie ancora