Offagna se pur distante centinaia di chilometri dalla Romania, mi ricorda istintivamente la città di Sighisoara per la sua conformazione urbanistica e per la torre dell’Orologio, che ha delle similitudini architettoniche con il ridente paesino in prossimità della bellissima Riviera del Conero.
Questa mia ipotesi è avallata da un signore che sta conversando piacevolmente con due turisti toscani. Vedendomi in tenuta da “drone” mi fanno partecipe del loro discorso e quando faccio questo strano parallelismo, il mio interlocutore riflette qualche secondo, dandomi ragione e narrandomi al contempo sia la sua passione per l’antica Dacia che i suoi lavori nella città di Sibiu. Man mano che la chiacchierata va avanti scopro diversi aneddoti della sua brillante vita e scopro essere Ivano Berti, il suocero nientemeno del celebre Andrea Bocelli. Racconta le sue esperienze oltreoceano ed i suoi futuri obiettivi con molta modestia e chiede il perché della mia presenza ad Offagna, augurandomi un buon proseguimento.
Dopo una bella salita che mette alla prova le mie gambe irrigidite dall’estenuante calura, mi ritrovo sottostante un castello dalle eleganti proporzioni con due torri di differente altezza.
La gentile ragazza bionda che mi aspetta sull’uscio della rocca incomincia la sua spiegazione, facendomi partecipe della vita svolta all’interno delle mura, partendo dalla sua realizzazione per conto della città di Ancona che la costruì per concessione di papa Eugenio IV, che dovendo saldare un debito di 7.000 fiorini d’oro preferì disfarsi di una porzione di territorio improduttivo piuttosto che saldare il prestito, dato che ai tempi era assai pericoloso viaggiare con forzieri carichi d’oro.
Le fattezze del castello, che non è stato mai espugnato, sembrano volerci narrare chissà quali battaglie campali, mentre la sua storia non è particolarmente cruenta, tanto che successivamente verrà riconvertito a magazzino fino ad inizio novecento.
Rimango colpito dalla sua potenza espressiva, ma deluso dalla sua storia che credevo più avventurosa e chiedo se almeno, come ogni castello che si rispetti, ci siano leggende che lo animano. Il mio cicerone, sorride e capisco di aver formulato una domanda un po’ banale. La prima è quasi del tutto da sfatare, perché sembra si sia riscontrata la presenza di una donna, quando la fortezza era abitata solo da soldati, mentre la seconda è sicuramente più entusiasmante e affonda le radici nel passato del folklore marchigiano, perché pare che nel Monte della Crescia sia stata vista, durante le ore mattutine Paora, la custode di un antico tesoro.
Il borgo è davvero magico e me lo gusto a pieno tra una ripresa ed un’altra passeggiando tra le sue antiche rue e parlando con la gioiosa popolazione che mi rende partecipe della vita cittadina.
Le prime ombre si allungano ed il castello cambia volto completamente, soprattutto perché non mi accorgo di essere rimasto solo e solamente la fioca luce dell’illuminazione cittadina mi permette di orientarmi per arrivare al palco dove ho poggiato tutta la mia attrezzatura. Grazie all’impostazione del mio cellulare riesco a montare a dovere il mio drone, per l’ultimo volo che immortalerà questa meravigliosa giornata nella terra dei castelli.
Mi fermo in piazza e mi giro nuovamente verso il castello che insieme alla torre dell’Orologio da questo punto di vista mi fanno ripensare alla bella Sighisoara e sento l’irrefrenabile impulso di tornare in Romania per terminare il “puzzle” mancante del mio tragitto.
Apro la portiera e poggio tutto con calma in auto controllando di non aver dimenticato nulla, combattendo la stanchezza che sembra essersi impadronita di me e pensando alle nostre meravigliose tradizioni, che sono ancora l’unico appiglio per combattere l’odiosa “mediocrazia”, che sta tentando a tutti i costi di livellarci verso il basso devitalizzando la nostra esistenza.
(Articolo apparso la prima volta su eurasianews.it il 2 settembre 2017)
2 risposte
Grazie! Ho visto una Offagna che non conoscevo! Complimenti!
Gentile Signora Pinnola.
Le città sono delle farmacie dove vado a curare il mio spirito e le mie emozioni.
È questo il segreto del fare reportage.
Grazie per la stima.