La strada tortuosa che mi conduce a Macerata è un percorso naturalistico di una tale rara bellezza che sembra avvolgermi durante il mio lungo tragitto, ed in cui si avvicendano diversi paesini arroccati su alture che fungono da romantiche promenade. Sembrano quasi tutti simili a prima vista, ma scopro che ognuno di essi ha delle caratteristiche diverse che li rendono unici nel loro genere.
In questa domenica di fine giugno, sembra che il popolo italiano abbia disertato le spiagge dell’Adriatico preferendo incontrarsi in questa incantevole riserva naturale.
L’Abbadia di Chiaravalle di Fiastra
Sono perso tra gli incantevoli spazi verdi, nel cuore del Marche e sono in visita alla vecchia Abbadia Cistercense di Chiaravalle realizzata nel 1142 e tagliata da un muro orizzontale che la divide cronologicamente da palazzo Giustiniani – Bandini, di chiaro stile ottocentesco.
L’innesto tra questi due differenti stili architettonici, la quiete che si respira e le leggende che la animano fanno sì che questo gioiello, raro per la sua essenzialità diviene una delle più bizzarre fusioni artistiche mai viste.
L’enorme chiostro è un luogo semi isolato che mi crea, quasi subito un certo rispetto, soprattutto per la sua intricata storia, cementata da strani aneddoti, sanguinose battaglie e superfetazioni fatte con gioco di incastri e sventramenti edilizi che si sono protratti per secoli fino ad arrivare ai giorni nostri.
Grazie a tutti questi cambiamenti, realizzati con i resti della confinante città romana di Urbisaglia, si riescono ancor meglio a comprendere le diverse stratificazioni storiche che vengono spiegate con un simpatico intercalare maceratese dalla mia brillante guida, Floriana, che mi stupefà per la sua grande cultura.
Alcune volte, ho difficoltà a seguire la sciolta parlantina del mio cicerone che dà sempre novità di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Me ne rimane impressa una in cui si narra che nella sala del Capitolo, al centro del chiostro i conversi, che nella scala gerarchica del monastero erano posti all’ultimo gradino, non potevano entrare per promulgare le leggi interne, proprio da questa vicenda che nasce il famoso detto: “Non hanno voce in capitolo”.
Il Palazzo dei Principi
L’abbazia, o abbadia come viene chiamata in zona, è un luogo circondato da una natura incontaminata, che sembra portarci agli albori del Medioevo, dove la regola benedettina “Ora et Labora”, era il motto dei monaci che l’hanno abitata.
A causa dell’attacco del celebre mercenario Braccio da Montone, la costruzione viene distrutta e il ruolo dei monaci piano piano viene meno a scapito del costituito ordine dei Gesuiti. Successivamente, quest’ultimi furono sciolti facendo reinsediare i vecchi religiosi, che ancora oggi vivono nel monastero, ma che a differenza dei fondatori non seguono, fortunatamente per loro, le rigide regole del loro padre fondatore possedendo anche nuovi tecnologici cellulari che non li isolano dal mondo circostante.
Dopo alterne vicende, la famiglia Bandini, con la figura di Alessandro marchese di Rustano e Lanciano, diverrà tramite un canone enfiteutico da pagare annualmente al Papa, possessore dell’abbazia e solo in secondo tempo, con il suo successore Sigismondo, proprietari dell’intera riserva, facendo erigere questo fiabesco palazzo in cui mi accingo ad entrare.
Le innumerevoli stanze che si alternano, durante la mia visita, sono spoglie ed essenziali, mentre altre sono riccamente decorate come il Salone delle feste di chiaro gusto Neoclassico e quello dei Poderi, di stile liberty dove sono stati affrescati i possedimenti della famiglia Bandini, incorniciati tra le travi di una finta serra, che qui raggiungono una potenza espressiva di grande intensità.
Dipinti di famiglia, tra cui quella dei “Suonatori di Liuto”, ora all’Hermitage di San Pietroburgo, vecchi suppellettili e una lettera del vate D’Annunzio all’indirizzo defunto Giuseppe Bandini, vanno ad arricchire questa fantastica collezione e mettono in luce tutta la bellezza del Palazzo che incastrato al vecchio monastero non ha mai una tangibile separazione degli ambenti.
Il potere olfattivo del giardino antistante l’ingresso è così inebriante che rafforza un connubio uomo natura unico nel suo genere e che non mi farà mai smettere di amare questo Monastero-Palazzo che sa di melodia.
(Articolo apparso per la prima volta su lifemarche.net il 06/07/2016)