Macedonia e Kosovo i ponti che fecero la storia
Skopje è costellata di innumerevoli statue che perimetrano i ponti del suo centro storico. Fin troppe oserei dire.
Rappresentazioni tridimensionali di celebri uomini che hanno fatto la storia del paese.
Di giorno tetre sagome, mentre con il favore della notte si confondono con il buio e sono rischiarate unicamente dai riflessi della flebile illuminazione di palazzi dal gusto retrò.
Filippo II e suo figlio Alessandro Magno, hanno dimensioni autocelebrative, per mettere in mostra la propria grandezza.
Custodi del destino del proprio popolo, sono annoverati da qualsiasi macedone a cui chieda informazioni del proprio passato.
Pluralismo dal volto gentile
Il melting-pot macedone è un pluralismo perfetto e quasi mai asimmetrico, rispetto all’invasione messa in scena nell’ex Europa privilegiata.
Da secoli, le diverse etnie coabitano pacificamente e di conseguenza anche l’urbanistica non ha limitazioni o barriere.
Il Ponte di Pietra è il narratore di Skopje; un metronomo che scandisce l’unione di due differenti mondi.
Il bazar, dominato dai ruderi del vecchio castello è sicuramente il pezzo di città più interessante della mia permanenza nella capitale.
Un compatto microcosmo umano, la cui esistenza è celebrata da ancestrali riti e in cui è possibile immergersi nella vita sotto la dittatura comunista.
Il ponte di Mitrovica con la KFOR
“Per capire il Kosovo, non puoi non visitare Mitrovica“, mi ha sottolineato il signor Rodolfo Durante, appuntato scelto della Base a Pristina, perché anche qui come a Skopje, un ponte è arbitro dei destini di un paese, ma con caratteristiche diverse.
Una cesoia che recide di netto non solo due diverse etnie, ma anche due modi d’intendere la società.
Ne sanno qualcosa i nostri militari in forza alla KFOR, che svolgono con abnegazione il proprio dovere e sono pronti a sedare potenziali escalation, come è accaduto nel giugno scorso.
Forse sono solo paranoie da retroguardia, ma a detta di alcuni esponenti locali è la Russia, celebre alleata di Belgrado, a fomentare il revanscismo panslavo, per scoprire il fianco ucraino del Patto Atlantico.
Il mio tassista Muki, durante il tragitto mi mostra le tombe di alcuni albanesi-kosovari e mi sottolinea che a cadenza regolare sono stati rinvenuti resti umani della terribile pulizia etnica, perpetrata da Slobodan Milošević a danno della popolazione locale.
Pristina
Pristina è un cantiere a cielo aperto, con nuovi strabilianti grattacieli e tanta voglia di vivere.
Il prezioso aiuto americano non è stato mai dimenticato e in qualsiasi palazzo pubblico è issata una bandiera a stelle e strisce.
Gli Stati Uniti, giocano il loro solito e abile ruolo da peacekeeping, ben sapendo che il sottosuolo kosovaro è ricco di minerali e nella fattispecie d’oro.
Che cosa è rimasto della guerra che va dal 1991 al 2001?. Nei Balcani si è combattuto un complesso conflitto dai differenti contesti, la cui unica ideologia è stato l’annientamento del proprio vicino.
In questo tragico scenario la moneta unica avrebbe mosso i suoi primi passi, consolidando l’Unione Europea.
Un subcontinente troppo frastagliato per essere pacificato, a causa delle differenti culture che da sempre vi gravitavano attorno: ellenistico, ottomano e bizantino.
Un conflitto in seno al Vecchio Continente, combattuto da nazioni considerate politicamente periferiche, in cui le ingerenze degli aiuti stranieri, hanno favorito l’evolversi delle battaglie.
Perché la parte slava di Mitrovica è pesantemente imbandierata? E’ un ritorno di fiamma al più becero nazionalismo o solo un intento di essere riconosciuti su scala internazionale a trent’anni dalla dissoluzione della ex Jugoslavia?.
Nonostante tutto, il doloroso ricordo del travaglio balcanico, con il suo eterogeneo puzzle di contrasti e affermazioni, può essere considerato come il motivo anticipatore del nostro secolo.