Tiziano Terzani si sbagliava?
In “Un indovino mi disse“, il mio buon Tiziano, cambia radicalmente stile di scrittura, essendo molto più empatico e diretto al cuore dei suoi tanti lettori.
Nei molti paesi, che descrive con la sua doveroso novizia, parla ampiamente di Singapore.
Una metropoli che personalmente ritengo tra le più belle da me visitate.
Nella sua tecnologica bellezza, estrema educazione e grande esempio di melting pot, ho trovato però qualcosa di spersonalizzato, che mi ha fatto sentire distaccato dalla sua “anima”.
Consideratemi come volete, non sono un intellettuale che rinuncia alla tecnologia, ma sentirmi omologato in tutto e per tutto, mi fa estremamente soffrire e nella città-stato mi sono sentito come un numero su freddi listini di benvenuto.
La scoperte scientifiche sono a servizio dell’uomo, mentre adesso sono tese verso uno sviluppo che noi crediamo sia progresso. Esso serve per potenziare le nostre civiltà non per renderle schiave, come sta accadendo oggi, immettendo nel mercato economico futilità di ogni genere, che dobbiamo gioco forza acquistare, anche se non abbiamo un reale bisogno.
Terzani ne condanna il suo lato “meccanico”, tratteggiandola come una delle tante “fantasyland”, che sono cresciute come funghi in Asia. Non si sbagliava, nonostante ho constatato che la metropoli è una delle più vivibili al mondo.
Un sogno o un incubo Orwelliano?
Abito tra il quartiere indiano e quello cinese e passo, senza mai accorgermene, tra le due zone.
Solamente gli odori, ai quali comincio ad essere avvezzo, per i tanti viaggi fatti in Asia e le scritte sugli esercizi commerciali, mi fanno capire dove sono dislocato.
Singapore è perfetta, talmente tanto, che non ne riesco a vederne un difetto, eppure sento che la gente si muova come avesse invisibili fili.
Tutto è semplicemente favoloso: i suoi grattacieli, che a differenza di altre megapolis arabe e cinesi, hanno ampi spazi verdi e nonostante si costeggiano tra loro, le distanze sono così notevoli da permettere di realizzare spazi dedicati al connettivo.
Scelte sapiente di urbanisti intelligenti.
Poi la maledizione che gli si era cucita addosso, col la nefasta nomea di città “ricicla soldi” è stata debellata, grazie alle scelte dei politici che l’hanno tolta dalla black list, favorendone la sua accessibilità.
Sbaglio strada e subito interviene ad aiutarmi un signore dai modi gentili. Non capisco come posizionarmi di fronte le porte della metrò e subito una signora con garbo mi spiega, come mettermi, addirittura con un’angolazione pari 45 gradi rispetto alle ante.
Tutto è scritto, nessuna scelta è più saggia di quella scritta tra le colorarti brochure che mi sono state consegnate. E poi se sono in fallo basta seguire la massa docile ed ammansita, che si dirige nei vari distretti.
Mi piacerebbe porre tante domande ai cittadini italiani, poichè sui vostri bravi post di Facebook, comincio a leggere massime inneggianti ordine, disciplina ed onestà:”Permettereste ancor di più di far penetrare nella vostra quotidianità lo Stato, concedendogli totalmente la vostra privacy? Vi fareste incatenare ad un virtuale Grande Fratello orwelliano, affinché i nostri bravi politici ci guidino fino alla nostra meritata morte?. Rispettereste le regole come accade qui, chiedendo scusa in caso di errore? Se sì benvenuti a Singapore.“
Singapore “condannata” alla felicità
Marina Bay è qualcosa di favoloso, caldo e tranquillità sono il must del luogo e mi godo la passeggiata tra le ampie fronde dei verdi alberi artificiali, come un moderno Tarzan, ammirando la parte retrostante il parco, un pezzo di baia artificiale tra grattacieli ed hotel.
Lee Kuan Yew, è stato l’artefice di questo favoloso successo,un “padre-padrone-presidente”, che durante il suo mandato, grazie alla sue riforme ha portato la metropoli ad essere una delle più ricche del pianeta, “condannandola” a quella felicità, che sembra sempre più in miraggio nella nostra triste Europa.
Forse Singapore con la sue rigide scelte ed uno dei pochi posti dove il comunismo avrebbe funzionato, nonostante i suoi politici avessero paura del dilagarsi di questa piaga ideologica.
Umanesimo del nuovo mondo
Mi chiedo mentre salgo i piani di uno dei tanti centri commerciali, sparsi nel suo territorio se è questa la felicità che alberga in ogni uomo, consumare senza necessità. Mangiare, bere, riprodursi, facendo spesa nel weekend.
E’ forse questo il progresso?. Il nuovo Umanesimo tecnologico a cui dovremmo essere avvezzi, l’ambrosia vitale in cui ogni “pezzo”, deve essere messo in fila seguendo le rigide leggi del marketing?.
Probabilmente sono solo un invidioso, perchè mi piacerebbe essere come tutti, non pormi domande e vivere senza avere il desiderio di spingermi oltre. Non essere più quell’animale da fiera in una società che demolisce ogni credo.
Forse è questa la vera esistenza, che mi lascerà sì nell’anonimato, ma infonderà nel mio essere quella gaiezza che tanto arride al nuovo substrato sociale globalizzato.
Pensando a questo meraviglioso viaggio interiore, ascolto l’ultimo monologo del replicante di Blade Runner. Nonostante fosse un cyborg, avrebbe voluto essere e le sue ultime parole, di una umanità sconcertante di cui non vedo più tracce, sono il soffio vitale che alberga nelle nostre vite.
Chi sono i veri replicanti?
(INTERVISTA A GIACOMO MARABISIO A SINGAPORE PER EURASIANEWS)