Venezia la mia “prima volta”
La mia prima visita a Venezia non fa testo, ero troppo piccolo per capire le sue stratificazioni storiche e l’aura magnetica della sua atmosfera.
In tanti hanno profuso parole d’amore nei confronti della “Serenissima“, ma personalmente non potrei, perché allungherei solo la sfilza di cose banali trite e ritrite.
Confermo dunque. E’ la mia prima volta, la prima non solo da uomo ma sopratutto da architetto, nonostante alla facoltà di Ascoli Piceno, il nostro docente concentrasse le sue lezioni sul rinascimento fiorentino, piuttosto che sui maestri veneti.
A differenza di altre città italiane, qui si respira un clima diverso in cui le sue superfetazioni “bizantineggianti“, sono il simbolo del suo eccentrico cosmopolitismo economico, marittimo e culturale.
Labirinti in muratura ed il ponte di Calatrava
Sono così desideroso di inoltrarmi nelle sue misteriosi calli da mettere un piede in fallo su una pedata del tanto discusso ponte progettato da Santiago Calatrava e come un funambolo riesco a mantenermi in equilibrio, nonostante il peso della mia attrezzatura.
Una cittadella in cui la sua barriera liquida ha funto per secoli da riparo contro le scorrerie, ma che sta sprofondando inesorabilmente a causa del suo fragile basamento e di quel Mose che da decenni doveva essere “l’angelo custode” del capoluogo veneto.
Non è facile arrivare in Piazza San Marco, nemmeno seguendo i cartelli posti agli angoli dei suoi variopinti palazzi, perché ogni qual volta seguo il mio istinto mi ritrovo a ridosso di un canale.
Gli ospitali veneziani dicono: “No Mafia a Venezia”
I veneziani hanno bisogno di sfogarsi e di raccontare la propria esperienza durante il lockdown, sottolineando gli strascichi commerciali dovuti alla pandemia o forse è la mia deformazione professionale a farli parlare con il sottoscritto, o così credo.
C’è però un’aura di sconfitta, accomunata da una sfiducia nel futuro e nelle istituzioni, agognando ad un ritorno ad una Venezia dei tempi che furono.
Campeggia uno striscione soprastante la Pizzeria Riva Rialto: “No Mafia Venezia è sacra“, forse ricordi della Mala del Brenta? O probabilmente ci sono affari in ballo da parte di qualche famiglia meridionale?.
Da ogni latitudine. sembra che il nostro paese abbia nel suo DNA un istinto mafioso duro a morire, pensando poi al caso di Piacenza, in cui l’arma dei carabinieri è stata scossa da un “clan” intestino, sulla falsa riga di Gomorra.
“Oggi c’è qualche turista e il centro storico comincia a ripopolarsi, ma siamo lungi dai pienoni a cui siamo abituati.
Prima la tragica notte del 12 novembre e come se non bastasse è arrivato il Covid ad alimentare una situazione economia già di per se delicata “, mi dice il signor Antonio, con il suo “spagnoleggiante” accento.
L’ospitalità veneta è leggendaria, forse siamo noi “sudisti” ad avere delle riserve verso questa laboriosa gente.
Infatti ogni qual volta si viene a sapere delle mie origini abruzzesi, tutti sbandierano un’insolito amore verso la mia regione ritenuta bellissima, ma relegata ad un ruolo marginale.
Piazza San Marco una opportunità turistica in un time-laps
Venezia non è brulicante di visitatori, ma egoisticamente riesco a godermela e la filmo in un time-laps, per mostrarne la sua enigmatica bellezza e l’opportunità turistica di una città a dimensione d’uomo.
Provo ad immortalare la Basilica di San Marco, ma sopratutto qualche “dettaglio umano” estraneo al turismo di massa, che dia un valore aggiunto alla mia presenza, dopo i tristi giorni della pandemia.
Rifletto di fronte a questa meraviglia a come abbiamo razionalizzato l’architettura contemporanea con forme scatolari ed innovativi materiali, facendo perdere “poesia” ad i nostri tessuti urbani, con selvagge periferie perimetrate da anonimi “alveari umani“, piantando sporadicamente qualche arbusto per dare ego alla nostra ipocrita coscienza “green“.
I nostri centri storici avevano alla base un’idea progettuale basata sull’antropocentrismo, a differenza del nostro modus operandi in cui più metri cubi significano più soldi, insediando inesorabilmente l’uomo dentro “loculi abitativi” con l’idea che la casa sia una mera “macchina per vivere“.
Venezia futuri e scommesse
Cosa augurare a questa città se non di rinascere e tornare un crocevia culturale, viario ed economico.
Tira aria di un probabile ritorno al lockdown, dopo che il premier Giuseppe Conte ha esteso la fase di emergenza.
Spero non si ritorni nuovamente a mesi di paura e di recitare i versi della poesia di Arnaldo Fusinato:”… Il morbo infuria / il pan ci manca / sul ponte sventola / bandiera bianca”.
Il pan non ci manca, ed abbiamo Netflix ed internet nelle nostre case a confortarci, ma adeguarsi nuovamente ad una chiusura totale significherebbe cambiare per sempre le sorti del nostro malandato paese.
Luca Zaia ha dato dimostrazione di volontà durante le giornate targate Covid, un romantico Daniel Manin, a cui auguro di continuare serenamente il suo lavoro senza un ritorno ad un nuovo flagello.
Per adesso mi godo il ricordo di Venezia, sperando in un nuovo inizio.